Un omaggio a Bruno Ludovici il "Toro Seduto" del Gran Sasso di Umberto Dante

 






Un omaggio a Bruno Ludovici il "Toro Seduto" del Gran Sasso
Umberto Dante (“Il Messaggero” del 18 aprile 2023, pag. 39, in L’Aquila)



AVVENTURE IN CITTA'
Un luogo comune che spesso devo contestare è "la storia la fanno i vincitori". Non che l'asserzione sia del tutto falsa: in effetti la storia di cui ci occupiamo oggi avvalora solo in parte questo assunto. Così come non è un caso che la nostra "avventura" la prima ambientata in un'Aquila non prettamente "aquilanocentrica". In un'Aquila che peraltro non è meno antica di quella di Porta Bazzano, di piazza Duomo, dei Quattro Cantoni, della Rivera. Ma, forse proprio per questo, è polemica, persino protestataria. Parliamo dell'Aquila dei "frazionisti", cioè degli abitanti di centri come Assergi, Paganica, Arischia, Roio, Sassa, Preturo, insomma della miriade di piccoli insediamenti sparsi fuori dalle mura della città federiciana. Questo arcipelago periferico da tempo protesta perché si sente espropriato in mille modi di diritti e di autonomie.
In particolare, la nostra passeggiata insegue uno degli eroi estremi di vertenze plurisecolari: Bruno Ludovici "da Assergi", morto pochi giorni fa a Milano, dove è stato trasportato per una serie di complicazioni respiratorie e cardiache. Spesso mi è capitato di definire Bruno come il "Toro Seduto" dei popoli frazionisti aquilani. In apparenza, Bruno era un uomo molto normale, con un piccolo problema deambulatorio, impiegato regionale, di orientamento politico democristiano fabianeo. Lo rendeva "Toro seduto" la sua abnegazione alla miriade di recriminazioni delle frazioni, recriminazioni accuratamente fondate sulla documentazione archivistica.
Come efficacemente ha osservato anche di recente Errico Centofanti, L'Aquila nasce da una specularità quasi onirica, in cui i piccoli centri del Gran Sasso, a un certo momento del medioevo, creano un centro urbano consistente duplicando sé stessi in una zona della montagna particolarmente vantaggiosa per l'abbondanza delle acque (L'Aquila delle 99 cannelle). Nei secoli successivi, questa nascita spuria ha sviluppato nei tribunali una miriade di contenziosi tra le comunità antiche e la nuova città. C'erano contese sulle appartenenze di tutti i beni della montagna, dagli usi civici dei boschi e dei pascoli al controllo dei beni religiosi sino alla questione politica dell'indipendenza decisionale. Una delle caratteristiche dell'Archivio di Stato dell'Aquila era la frequentazione quotidiana da parte dei tanti Ludovici in cerca di una documentazione che sorreggesse le loro rivendicazioni.
E' stato questo il mondo di Ludovici e di tanti altri (dagli arischiesi dell'Arca ai paganichesi di Galletti). Un rivendicazionismo tenace che costantemente si scontrava con la storia fatta dai vincitori, sino alla soppressione novecentesca di una mezza dozzina di municipalità "minori" inglobate dentro la "Grande Aquila" ideata da Adelchi Serena e studiata di recente da Enrico Cavalli. La cosa sorprendente, emersa durante le ultime elezioni municipali aquilane, è stata la scoperta che oggi questo passato polemico sopravvive solo nelle frazioni, tra i vinti, tra i Ludovici.

Durante un paio di dibattiti tenutisi nel "Titty Bar", a pochi metri dalla stazione ferroviaria e da Carfour, la gran parte dei convenuti (quasi tutti appartenenti all'asse che da piazza d'Armi si sviluppa verso le uscite autostradali per Roma) si rivelavano del tutto disinformate. Non ignoravano solo i contenziosi ma la stessa esistenza delle frazioni. Ovvero la cultura di Bruno. Viene allora da ipotizzare una rivincita. Perché non approfittare del cataclisma sismico per dare un assetto nuovo all'urbanistica della città? Non sarebbe nobile e bello che le ceneri di Ludovici trovassero una collocazione davvero degna di un rifondatore, cioè di un costruttore dell'Aquila del futuro, di un'Aquila lanciata verso un'idea sovvertitrice, in cui il frazionismo antico possa alla lunga trovare un significato nuovo, che guardi a rivendicazioni inedite, persino stravolgenti, dentro uno spazio sospeso tra Roma e il Gran Sasso?

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