Il vischio: fulmine celeste. - Franco Dino Lalli



Il vischio: fulmine celeste
di Franco Dino Lalli






Il vischio (viscum album L.) è una pianta emiparassita (pianta verde che si attacca alle radici o al fusto di altri vegetali e sottrae a loro parte del nutrimento), epifita sempreverde che si trova sui rami di molti alberi, conifere e latifoglie come pioppi, salici, aceri, betulle, meli, tigli, raramente su prunus, anche su querce ma non su faggi e platani. Ha foglie carnose e bacche sferiche dal colore bianco al giallo dorato a seconda della pianta su cui vive e matura. Il vischio effettua la fotosintesi clorofilliana, sottrae acqua, sali minerali e azoto dalla pianta con i cordoni verdi che entrano nella corteccia della pianta principale fino al tessuto interno conduttore. Il vischio si riproduce nelle piante con le sue bacche che, trasportate dagli uccelli che se ne cibano in inverno, si insediano negli spazi dei rami attraverso piccoli coni di penetrazione e in esse i semi germinano.

A Natale si usa appendere questi rametti di vischio alle porte delle case o addirittura anche portarne al collo un rametto perché considerato un amuleto contro la malasorte e contro le disgrazie. La tradizione però avverte che se si raccoglie con le mani e soprattutto con la sinistra si accelererebbe la malasorte perciò, un tempo, si faceva cadere il vischio dall'albero colpendolo con un bastone e si doveva afferrare prima che toccasse terra. Un'altra consuetudine è quella che se si passa in compagnia sotto un cespo di vischio ci si deve baciare e una ragazza, se non riceve questo bacio, non si sposerà nell'anno successivo. In Inghilterra, in alcune regioni, le donne, per scongiurare il pericolo di rimanere zitelle, nella notte del 6 gennaio bruciano il mazzo che ha addobbato la casa durante le feste natalizie.

Le usanze ci giungono dai Celti che consideravano il vischio una pianticella misteriosa che era stata donata dagli dèi perché non aveva radici e cresceva come parassita sul ramo di una pianta. Era credenza che essa nascesse dove era caduto il fulmine, rappresentava il simbolo della discesa della divinità e dunque segno di immortalità e di rigenerazione. I Druidi, i sacerdoti dei popoli celtici, ritenevano sacro il vischio, ma solo quello sul rovere perché credevano che quello che nascesse su queste piante fosse un dono del cielo e l'albero un segno scelto dalla divinità. Il nome che dettero al vischio significava “che guarisce tutto”. Il capo di questi sacerdoti lo coglieva con una falce d'oro mentre gli altri, vestiti di tuniche bianche, lo mettevano in un contenitore d'oro che esponevano alla venerazione di tutto il popolo. Al vischio erano attribuite molte proprietà curative, perciò, lo immergevano nell'acqua che veniva distribuita a chi la desiderava per guarire da qualsiasi male o per preservarsi da future malattie. L'acqua era considerata anche un antidoto contro malefici e sortilegi.

Le usanze dei Celti erano attuate anche in Francia dopo la cristianizzazione: nel quindicesimo secolo la gente partecipava a una cerimonia che era simile a quella dei druidi e veniva detta guilanleuf o auguilanneuf (vischio dell’anno nuovo).





Tra le varietà di vischio quella della quercia, che era particolarmente apprezzata dai Celti, mostra bacche giallastre. Essa è stata identificata col “ramo d’oro” per il colore che assume mesi dopo la sua raccolta. La pianta si tinge, seccandosi, di una tinta brillante per la sua interezza e sembra effettivamente un ramo dorato. I contadini della Bretagna attaccavano il vischio alle facciate delle case per lungo tempo e nel mese di giugno la pianta spiccava per il suo splendore.

Anche in altre parti del mondo, come in Giappone e in alcuni luoghi dell'Africa, dove la pianta era considerata tale da tutelare l’incolumità per chi andava in guerra e ne portava con sé alcune foglie, il vischio era considerato una pianta celeste, un rimedio universale. In Boemia, un tempo era chiamato “scopa del tuono” e si credeva che potesse allontanare i fulmini.

Il carattere solare del vischio, la sua nascita dal cielo, ispirarono ai Cristiani il simbolo di Cristo, luce del mondo nato in un modo misterioso e così come il vischio è ospite di un albero, il Cristo è ospite dell'umanità, un albero che non lo generò nello stesso modo con cui genera gli uomini.

Essendo legato alla tradizione pagana la Chiesa cristiana non lo ammise inizialmente tra i suoi ornamenti. Successivamente a questa prima fase si può far risalire una leggenda sul vischio che scandiva come esso invece fosse una pianta normale. La leggenda, entrata nella tradizione, racconta che, quando Gesù doveva essere crocifisso, gli alberi per salvarlo caddero in mille pezzi mentre il vischio rimase intero e i suoi rami vennero utilizzati per la croce. Da quel momento, però, fu maledetto dal Signore e costretto ad essere rachitico, senza radici. Il vischio però fu accettato anche nelle chiese alla Vigilia di Natale e un ramo di vischio veniva collocato con una solenne cerimonia nell'altare maggiore della cattedrale di York in Inghilterra dove restava per dodici giorni nel tempo natalizio. Il periodo era quello in cui si proclamavano la pace universale e l'indulgenza alle porte della città.

Dal vischio deriva il termine viscoso o vischioso, sostanza attaccaticcia, liquido le cui particelle non scorrono facilmente le une sulle altre. Dalle sue bacche e dalla sua corteccia si ricava un fluido appiccicoso che, da solo o unito con quello ottenuto dall’agrifoglio, è usato per preparare la pania per gli uccellatori.











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