La calata da “Pe ju tratture (La transumanza)” di Evandro Ricci (angolo della poesia)
Post Ivana Fiordigigli
Presentazione di Franco Dino Lalli
Da “Pe ju tratture (La transumanza)”: La calata
di Evandro Ricci
La poesia che viene presentata fa parte della sezione “Scasata d’autunne” e offre la descrizione della partenza dalla montagna del gregge e degli uomini verso la Puglia. In essa troviamo, oltre alla liricità del tessuto poetico, un’interessante descrizione dei vari tipi di pecore e dei ruoli degli uomini, attori di questo significativo momento della nostra storia.
Per una più semplice fruizione del testo, scusandomi con l’autore, riporto soltanto alcuni brani in dialetto, estrapolati dal testo completo, in modo da poter offrire la musicalità che è alla base della liricità di esso, e il testo completo in lingua italiana.
“Quande se parte, tutta la muntagna
pare nu furmecare feccennute,
n’esèrcete già pronte a fa la guerra:
la morra, cumpagnì de ji suldète,
sente ju sune de ju campanacce
che porta ju rechiame de ju timpe
de mille i mille i chiù generazione…
Dentre a ju file de la jerva fresca
se smorza a ju tratture fame i sete;
le prete smerijjate a ju passagge
a una a una pòrtane ju signe
ca màrcane le tacche de ju timpe…
Se chiude ju curtè de la calata
che’ ju penzire nfàccia a la ventura,
ju core pine d’anzia i d’amarezze,
la mente abbota a la preoccupazione.
Da “Pe ju tratture (La transumanza)”
di Evandro Ricci
(la traduzione dal dialetto alla lingua italiana è dell'autore)
La calata
Settembre, sulla montagna già il sole
spande rasoiate di luce,
l'albero allunga la sua ombra a mezzogiorno
e fa venire un senso di riposo.
Il verde del prato si è fermato
e si prepara a cambiare colore
sotto i peschi che si fanno scuri.
Il fresco della sera anticipa
il freddo della notte più pesante.
La mente si prepara alla partenza.
In un attimo finisce la stativa.
I muli vengono richiamati dal prestito,
pecore e capre vecchie vanno a parte
non reggono alla marcia e alla fatica
restano come materia di muscischio.
Quando si parte, tutta la montagna
appare un formicaio affaccendato,
un esercito già pronto alla guerra:
la morra, compagnia di soldati,
sente il suono del campanaccio
che porta il richiamo del tempo
di mille e mille e più generazioni.
Attende l'acquasanta del sacerdote
come fosse sangue del cuore;
e marcia adagio sotto il comando
del massaro, come un generale,
dal petto gonfio di bancali.
Ogni parola è un ordine preciso
che si porta nel futuro.
La masseria di settemila pecore
si muove come al suono di un'orchestra:
allora la campana va a distesa
e porta la passione delle note
nella valle tutta polverosa,
fantasma di credenze antiche.
Nel filo dell'erba fresca
si spegne fame e sete nel tratturo;
le pietre smerigliate al passaggio
ad una ad una portano il segno
ché marcano le tacche del tempo.
Il giorno prima erano partiti
i muli carichi di masserizie
per preparare gli stazzi nei riposi
quando la morra ferma il cammino
e calma l'ansia del piede focoso.
La morra delle capre avanti a tutti
apre il corteo: bosco di corna
sulle groppe onde di mare,
occhi di becchi fuochi indemoniati,
rumore di torrente che straripa,
di terremoto che non finisce mai.
Poi passano le corna di montoni:
“lanuti da semenza” nazionali
vestiti di lana grezza gialliccia
con l'aria di soldati arditi.
Comincia la fiumana delle pecore
sempre ordinate per similitudine.
Prima le mosce con la lana lunga
che giunge a terra a coprire il piede:
onda di materassi che cammina
e copre il rumore del passo;
guarda la giovanetta di paese:
per l'aria passa e va la morbidezza
un senso di dolcezza e di riposo,
batte il cuore: letto da signori
dove il profumo di un fiore
fa dire grazie fra le carezze:
minuti di pensieri misteriosi…
Arrivano le pecore di frutto
con l'occhio triste ed il pianto nel cuore
per l'operazione dello svezzamento
e portano l'odore del cacio.
Poi passano le pecore lattare
che fanno risuonare la voce dolce
col pensiero verso l'agnellaro.
La morra va di pecore cordesche
che non può dimenticare la primavera
quando un sogno dolce di passione
fece suonare la corda dell'amore,
Il primo bè cantato all'aria fina
in un improvviso squarcio d’orizzonte
sotto al peschio che si infila nel cielo:
e si allargò il cuore di una mamma.
Ora passano le agnelle vergini
sogno e speranza della masseria,
simbolo della giovinezza che incanta:
cuore selvaggio e passo già sicuro
dinanzi ad un mondo quasi sconosciuto.
La morra di ciavarre giovinette
dal passo svelto e speranzoso,
dalla coda ben tosata
preparata già per le prime nozze
appena giungerà in Puglia,
pronta come la pecora di corpo;
un ballo ad una musica speciale
sentita dal cuore innamorato
passa nell'aria, a ricamare il cielo
pieno di mistero e paradiso.
Passano le sofistiche e zencate,
gelose per la mungitura e per allattare,
riserva di lana e di carne.
Segue la morra delle streppe,
le pecore sterili, da macello
quando l'uccello, con le note fredde
ad abbracciare la notte dell'inverno,
consola lo sbadiglio della fame.
Poi vanno le vassette pepe e sale
che sembrano ballare la tarantella
e battono il ritmo del tempo
in un telaio, di lana grezza,
soddisfazione dei conciapelli.
L'insieme dei castrati è un'altra morra,
bosco di corna e di rassegnazione,
di statura forte in apparenza,
belli di viso, corpo grassoccio,
ombra d'amore, cuore rinsecchito.
Passano i lupari con i cani,
bianchi come la neve d'Abruzzo,
pronti a difendere pastori e pecore.
Il polverone ancora sta nell'aria
ché passano gli zoccoli ferrati:
i muli con i basti carichi
cestoni pieni di agnelli cordeschi
piangenti accoccolati e impauriti
dinanzi ad un mondo nuovo sconosciuto;
e un'ombra nera pare chiudere in gola
l'ultimo respiro fatto ad occhi aperti,
poi, come una coperta che li avvolge
la mano del sonno li consola
ed il cestone è culla che canta
la ninna nanna del primo giorno;
la rete per lo stazzo avvoltata
adatta al recinto quadrato,
sacchi di cacio stagionato,
caccavi ripuliti per il latte,
cannate da riempire d'acqua potabile,
some di pali per sostenere la rete,
bigonce piene di acqua o di attrezzi,
some di pelli essiccate al sole,
una processione di otri e di barili.
Si chiude il corteo della calata
con il pensiero volto all'imprevisto,
il cuore pieno d'ansia e di amarezze,
la mente avvolta nella preoccupazione.
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