I marchi dei pastori di Assergi - notizie dal Quadernone di Gino Faccia

Post Ivana Fiordigigli

NOTIZIE DAL “QUADERNONE” INEDITO

di Gino Faccia


I marchi dei pastori di Assergi
a cura di Ivana Fiordigigli

Questa volta gli appunti del "Quadernone hanno portato a fare alcune riflessioni ed a ricercare informazioni maggiori sull'argomento pastorizia, che in Assergi non appare molto descritto, conosciuto e sviluppato. L'attenzione si è concentrata sui marchi per le pecore dei pastori più vicini a noi in ordine di tempo (alcuni procurati da Gino Faccia). 

Va precisato che soltanto i Cipicchia hanno continuato a effettuare anche in tempi tutto sommato recenti un percorso di transumanza verso la campagna romana, mentre la famiglia Napoleone e i 'Ssi Antonini sono sempre rimasti ad Assergi, realizzando una transumanza di tipo verticale tra la montagna in estate e il rientro delle pecore nelle stalle di Assergi nei mesi freddi.

Quando le greggi di Assergi, non grandi come numero di capi in tempi più antichi, sempre più numerose nella seconda metà del Novecento, venivano portate in montagna o in transumanza, o verso l'Agro Romano o in Puglia, le pecore di più greggi, appartenenti a singoli proprietari, venivano messe insieme, marchiandole con gli appositi marchi in ferro di ognuno e segnandole con la vernice per riconoscerle. 
Si riportano, di seguito,  le foto di alcuni dei marchi delle tre famiglie di pastori di Assergi che hanno operato nella seconda parte del Novecento o nei due decenni del Duemila e sono arrivate a possedere qualche migliaio di capi, anche se in questo ultimo periodo, non trovando più pastori e garzoni in Assergi, la manodopera è stata straniera.

  • Questi sono i marchi in ferro della famiglia dei "‘Ssi Antonini", più un marchio realizzato in maniera rudimentale con il torso tagliato di una pannocchia di granturco che, con il colore rosso o azzurro e con il numero di "bolli" che permetteva di imprimere, faceva riconoscere la tipologia di pecora che si aveva davanti e di che cure avesse bisogno. La "S" e "C"  rappresentano le iniziali del cognome e nome di Scarcia Carlo.



  • Questo è un marchio in ferro di Antonio, uno dei due fratelli della famiglia Cipicchia, i quali sino a tempi molto recenti si sono dedicati alla pastorizia arrivando a tenere anche un notevole numero di pecore, circa 1000 cadauno:


Appena lo avremo metteremo anche la foto del marchio dei Napoleone.

Nella transumanza, che in Assergi avveniva soprattutto verso Roma e la campagna romana, le pecore di più greggi, venivano accompagnate da alcuni dei pastori proprietari, stabilendo dei turni; per le prestazioni e i formaggi prodotti lungo il periodo di permanenza c'era tutto un sistema di regole e comportamenti da osservare.

Per andare in transumanza verso le Puglie le pecore di Assergi, dice Gino, scendevano lungo la Valle del Raiale. A Paganica passavano davanti a Fonte Vecchia, poi davanti ai Raffi, di qui arrivavano di fianco alla Piazza e procedevano "abballe a Fioretta" imboccando quindi la strada per Onna, da dove o si univano alle greggi, che transitavano per il Tratturo Magno, per arrivare lungo l'Adriatico e nelle Puglie.

Seconda possibilità possibilità era aggregarsi alle greggi di Paganica; in tal caso il percorso compiuto era Montecristo, Fossa di Paganica, Filetto, Pescomaggiore, Paganica, Tratturo

Proprio perché abbiamo parlato di marchi, è interessante delineare la figura del Mercante di campagna, figura molto specifica e importante nella scala gerarchica della transumanza. Si può affermare che ad Assergi non c'erano "mercanti di campagna", se non in transito o in sosta nell'abitazione in Assergi, durante la transumanza delle greggi in montagna; i pastori di Assergi erano, e sono stati fino ad oggi, proprietari e padroni  delle loro pecore, tenute a livello familiare o con l'aiuto di qualche pastore o garzone.
Ci aiutano a definire le competenze e i compiti del mercante delle notizie riportate sul sito http://www.latolfa.com, da un estratto di alcune pagine dedicate allo scrittore Basilio Pergi: 

"Il mercante di campagna era colui che marcava con il proprio marchio a fuoco un certo numero di bestie. Il nominativo « mercante » non sta infatti per commerciante o trafficante, cioè colui che compra o vende qualsiasi merce, ma sta ad indicare un proprietario di bestiame che fa portare incise a fuoco sugli animali le sue iniziali. Perciò era facile sentire frasi come questa: « ho tremila pecore con il mio merco », oppure « ho quattrocento vacche con il mio merco », od ancora « ho quaranta buoi con il mio merco », e così via. (1) Il Mercante non era un latifondista perché non era proprietario di vasti appezzamenti di terreno superiori al migliaio di rubbi romani (1 rubbio = 18.484 mq.), ma affittava qualche tenuta in Maremma a seconda dei suoi bisogni e per la sola stagione invernale. Ovviamente l'affitto poteva essere, ed a questo tendeva il mercante, pluriennale, per tre o nove anni. …

Compito importante del Mercante era selezionare la qualità delle sue pecore e quindi la scelta dei montoni adatti alla riproduzione. Questi erano acquistati in appositi mercati e fiere di bestiame e la massima cura era riposta nella loro scelta. Infatti era dai montoni che si riusciva ad avere una razza più selezionata e perciò le migliori qualità, come la sopravissana e la merinos importate dall'Australia, che raggiungevano prezzi, per allora, astronomici; da essi dipendevano la grossezza dell'agnello e la quantità della. lana, cioè il peso del vello, e quindi il maggior ricavo possibile dall'allevamento della pecora stessa. Un vello di pecora poteva pesare, se di padre merinos, anche una media di tre o tre e mezzo kg., ma se il vello proveniva da padre bastardo raggiungeva sì e no due o due e mezzo kg. La lana era uno dei tre prodotti base delle pecore; gli altri erano l'agnello e massimamente il latte che doveva, per far chiudere il bilancio con qualche guadagno, dare in un anno una decina di kg. di formaggio più la ricotta. …

questo era sempre il dilemma del Mercante: dove far pascere l'armento e dove trovare ricovero per i pastori. Infatti se il pastore era contento trattava meglio il gregge, lo mungeva con più cura ed alla fine tutto si risolveva in un maggiore e migliore prodotto! e ciò significava più pane sia per lui che per la famiglia in attesa nei paesi di montagna delle Marche, coperte di neve. Perché è bene sapere che il Mercante era sì quello che apponeva il proprio marchio a fuoco sulle bestie, ma era anche quello che doveva provvedere alla vendita dei prodotti ed al pagamento delle erbe, alle paghe dei pastori e di tutti quegli uomini che in una maniera o nell'altra contribuivano all'ottenimento dei prodotti."






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