Post Ivana Fiordigigli
La Settimana Santa
di Franco Dino Lalli
Per quanto riguarda i contenuti e le modalità esplicative dei riti e delle usanze che si svolgevano nel periodo della Settimana Santa si propongono i testi prodotti dal prof. Giancaterino Gualtieri nel suo libro Calendario. Qui dettagliatamente egli ci offre la descrizione dei riti a San Benedetto. Riportiamo i passi in cui ci offre la possibilità di un confronto con la tradizione del nostro paese. Possiamo così appropriarci e confrontare le due realtà socioculturali, per costruire e ampliare la nostra memoria.
Ad aprile in genere capita la Pasqua.
Pasqua è un momento importante nell’anno civile e religioso. La preparazione della festa e l’insieme dei riti della Settimana Santa distoglie per un attimo il contadino dalle sue quotidiane incombenze.
Almeno venti giorni prima, in genere a metà quaresima, le donne preparano una casseruola, con uno strato alto un dito di semi di grano, o di veccia o di lenticchie o di lenticchie selvatiche, gli iervi {Ervilia sativa Link [Vicia ervilia (L.) Willd.]} inumiditi, per farli germogliare.
La casseruola viene tenuta al caldo e al buio, in genere nella parte più buia della stalla, sopra il letame. I semi, che crescono in assenza di luce, vengono su fitti e dritti di un bel colore giallo dorato (il piattuccio).
La mattina del Giovedì Santo il tegame verrà rivestito di stoffa colorata e abbellito con nastri e qualche fiore di campo. Servirà per abbellire il Sepolcro, ossia il tabernacolo isolato in cui viene riposto il Santissimo alla fine della messa del pomeriggio del Giovedì Santo.
Già da dopo la messa del sabato prima della Domenica di Passione, a norma del Messale tridentino, le croci vengono coperte con un panno violetto. Vengono coperti anche i quadri e le statue.
Ma è dalla Domenica delle Palme che l’atmosfera pasquale comincia a farsi sentire.
La Domenica delle Palme alla messa non manca nessuno. I più agitati ed irrequieti sono i bambini ed i ragazzi. Ciascuno porta un ramo di ulivo che il padre o il nonno hanno appositamente preparato, scegliendolo tra la potatura degli ulivi. Spesso si tratta di un vigoroso e fronzuto pollone, staccato dal colletto della pianta e ben ripulito con le forbici da potare fino ad una certa altezza, così da somigliare ad una bandiera.
Ognuno ostenta la sua palma e la agita vigorosamente di fronte agli altri ragazzi, per affermare la sua dominanza per avere la palma più bella. Nascono così zuffe, che spesso dalle male parole passano ai fatti, con le palme usate come arma per colpire l’avversario. Solo l’intervento degli adulti, deciso e manesco, rimette a posto le cose.
Provvederanno poi le mamme, a cerimonia finita, ad una razione supplementare di botte.
I ragazzi più grandicelli, guardandosi in cagnesco, lontano dagli sguardi delle mamme, si lanciano sotto sotto occhiate di sfida per zuffe e rivincite future, appena ci si rincontrerà.
Il parroco benedice i rami di ulivo e ciascuno sceglie più rametti. Ne servono molti perché ogni luogo importante della famiglia dovrà essere protetto dalla palma benedetta, la casa come la stalla, la cucina come la camera da letto.
I rametti di ulivo benedetto dell’anno passato non possono essere buttati, perché sacri. Vengono perciò bruciati, nel fuoco che tutto purifica. I ragazzi e anche quelli non più tanto ragazzi, bruciando i rametti di ulivo pronunciano una sequenza propiziatoria: “Palma benedetta, che vieni una volta l’anno, sappimi dire se morirò in questo anno”. Nel mentre si osserva con attenzione mista ad un certo timore se le foglie bruciando scoppiettano e questo scoppiettio viene interpretato come dicesse no.
Siccome tutte le foglie di ulivo secco bruciano scoppiettando e contorcendosi, non c’è rischio di morire dentro l’anno e la previsione è sempre fausta. Ma i bambini e i puri di cuore stanno con il fiato sospeso ad osservare e lo scoppiettio è la fine di una grande paura.
Anche il parroco mette da parte un fascetto di palma benedetta. Servirà l’anno seguente per preparare la cenere da imporre sulla testa dei fedeli nel giorno delle ceneri.
Una breve processione attorno la chiesa o dentro la chiesa se piove, dà modo ai bambini e ai ragazzi, ricomposti e angioletti, di innalzare la palma, cercando di farla svettare sopra le altre.
Durante la messa i giovanotti fanno sfoggio della loro perizia pieghettando ad una ad una le foglie del rametto di ulivo. Se poi si riesce a fine messa a passarlo sottobanco alla ragazza, senza che nessuno se ne accorga, l’esercizio è andato a buon fine.
Dopo il Gloria le campane vengono legate, ossia non possono essere suonate fino alla notte di Sabato Santo, al Gloria della Messa di Resurrezione.
La settimana che segue è una settimana di gloria per i ragazzi, chierichetti e non. All’ora delle funzioni sono tutti pronti vicino la sacrestia con “tric-trac, raganelle e martelline”. Si formano in genere almeno due squadre, che percorreranno il paese su due percorsi principali diversi, capitanate dai chierichetti in cotta. All’ordine del sacrestano si fa il giro del paese di buon passo, al grido di: Una volta la messa (ossia suona la prima volta la messa), con accompagnamento il più rumoroso possibile dei sopraelencati strumenti a percussione e stridio. Tornati in chiesa si riparte per un nuovo giro al grido di: Due volte la messa e al terzo giro con: Suona per l’ultima volta la messa.
Perfino durante l’elevazione la tric-trac o la raganella sostituisce il campanello. Il compito però stavolta è lasciato al capo chierichetto, perché l’avviso sonoro deve essere ben udibile, ma non deve essere eccessivo.
Lunedì, martedì e mercoledì santo sono normali giorni di lavoro nei campi. Solo per le donne il lavoro aumenta.
Chi in famiglia può compra a Popoli un po’ di calce o la recupera dai fossi vicino al lago, dove la calce viva è stata spenta. Le famiglie che hanno fabbricato da poco o che stanno ancora fabbricando con le loro mani, così come possono, hanno il loro fosso di calce e così i pochi capomastro che esercitano la loro attività in paese. La calce serve per dare una mano di bianco alle cucine annerite dai molti giorni di fumo dell’inverno. Serve a poco, ma dà l’illusione di pulito per quei giorni.
Le donne delle famiglie più abbienti sono altresì impegnate a preparare le pizze di Pasqua semidolci, i fiadoni, le pizze di ricotta, la pupa per le bambine, il cavalluccio per i bambini e la ciambella per i ragazzi di dieci anni o anche meno. A dieci anni nel mondo contadino si è già forza lavoro. La ciambella si dà anche ai lavoranti che si utilizzano più o meno continuativamente per tutto l’anno (i garzoni).
Il cavalluccio e la ciambella portano semiaffogate nella pasta semidolce una o due uova, sode con la cottura, tenute in situ da due striscioline di pasta intrecciate. I cavallucci spesso portano ai lati dell’uovo le iniziali del nome del bambino, fatte con strisce di pasta.
Molto interessanti sono le pupe, vestite con sfarzo con una larga gonna e corpetto a maniche gonfiate. Pesanti bracciali ornano i polsi. Una cuffia plissettata raccoglie i capelli e una larga fascia sostiene il petto prosperoso. Il ventre gonfio è costituito dall’uovo sodo, fermato dalle due striscioline di pasta. Un uccellino posa sull’uovo, in chiara simbologia sessuale. Ai lati dell’uovo le iniziali della bambina. Il ventre gonfio, l’uccellino, l’uovo sono simboli della vita che nasce e rinasce e simboli ed augurio di fecondità.
Nel forno è un andirivieni continuo di donne con la spianatoia o il capistiàre (un vassoio di legno rettangolare) coperti da un fazzolettone.
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