Giovedì Santo
Post Ivana Fiordigigli
Giovedì Santo
di Franco Dino Lalli
Il Giovedì Santo, dopo la messa in Cena Domini, è usanza visitare i sepolcri allestiti nelle varie chiese ove è avvenuta la riposizione eucaristica, fino al Venerdì Santo, e per l'occasione si sono allestititi addobbi con ceri, candele, fiori accanto a ogni altare.
Questa pratica dei sepolcri trae origine da una cerimonia religiosa che risale al secolo XI quando l'eucarestia non era più deposta in sacrestia ma su un altare o in un luogo appositamente preparato.
Il termine “sepolcro “fu adottato e impropriamente (infatti il giovedì non si celebra la morte di Gesù e il luogo simboleggia l’adorazione dell’eucarestia) a causa dell’usanza popolare di erigere una rappresentazione del sepolcro dove venivano solennemente deposte o come si diceva “sepolte” la croce dell'altare e la Santissima Eucarestia.
I fedeli oltre ad ornarla con fiori e lumini esercitavano la veglia notte e giorno pregando e salmodiando fino al pomeriggio del Venerdì Santo.
Ricordo ancora con piacere quando, da ragazzi, cercavamo di esplicare anche noi i turni nel “sepolcro” allestito con tanta cura, anche con il nostro contributo, nella nostra chiesa parrocchiale e con impegno recitavamo le preghiere insieme agli altri fedeli visitatori.
L’eucarestia a quel punto veniva riposta con una processione sull'altare.
In epoca barocca i sepolcri si trasformarono in sontuose macchine teatrali. Oggi i sepolcri vengono allestiti con molti fiori e con simboli che rappresentano episodi della passione: il tavolo che simboleggia il suo sacrificio, il pane e i 12 piatti degli Apostoli e il tabernacolo dove è riposta l’Eucarestia. La chiesa è nel buio, l’altare disadorno, il tabernacolo vuoto e aperto e i crocifissi coperti.
Una tradizione molto singolare è quella delle piantine che si ponevano nel sepolcro. Prima del periodo di Pasqua si seminano i chicchi di grano o di orzo in piatti da tenere nella penombra e innaffiare molto spesso. Queste piantine sbocciano in anticipo così i germogli si possono esporre il Giovedì Santo nei sepolcri dove si recano i fedeli per la tradizionale visita. Con trepidazione e tanta speranza anche noi seminavamo questi semi che riponevamo in luoghi bui, controllavamo i germogli e poi con meraviglia vedevamo crescere le tenere piantine di un colore biancastro che con devozione ponevamo nel “nostro” sepolcro.
Questi germogli, che sono chiamati a Taranto piatti del paradiso, sono i simboli della resurrezione di Cristo.
E una ritualità che richiama a riti pagani: infatti i Greci onoravano il loro Dio Adone preparando così i cosiddetti “giardini di Adone” con cesti o vasi pieni di terra dove si seminavano grano, orzo, lattuga, finocchi e spesso fiori. Il calore del sole, che ormai a primavera si faceva sentire, li facevano germogliare rapidamente, ma non avevano però la radice e appassivano altrettanto velocemente. Così dopo otto giorni venivano gettati con le statuette di Adone in mare o nelle sorgenti per propiziare il rinnovamento della natura.
La tradizione, rispettata anche nel nostro territorio, prevede che in questa sera i fedeli effettuino la visita alle sette chiese, ma se non è possibile, ad almeno tre o sempre in numero dispari.
Questa tradizione è rispettata, oltre che in Italia ove è stata introdotta da San Filippo Neri, anche nell’America Latina e vuole testimoniare attraverso la preghiera la condivisione simbolica dei momenti della passione di Gesù dalla notte in cui fu catturato fino alla sua crocifissione.
La prima chiesa ricorda i momenti di Gesù dal Cenacolo al giardino del Getsemani. La seconda dal giardino del Getsemani alla casa di Anna che lo interrogò e lo schiaffeggiò. La terza la derisione, gli insulti e le sofferenze nella notte nella casa di Caifa. La quarta la prima apparizione di Gesù davanti a Pilato. La quinta la comparizione davanti ad Erode che insieme alle sue guardie lo insultava. La sesta la seconda apparizione davanti a Pilato in cui fu posta sul suo capo la corona di spine e fu condannato a morte. La settima il viaggio di Gesù dalla casa di Pilato al monte Calvario con la croce sulle spalle, poi la sua morte e la sua deposizione nella tomba, poi la resurrezione il terzo giorno.
Da “Calendario”
di Giancaterino Gualtieri
Il Giovedì Santo per gli uomini inizia come un normale giorno di lavoro.
Le donne oltre alle pulizie e alla preparazione delle pizze, preparano in chiesa il sepolcro nella cappella della Madonna di Casaluce. I piattucci vengono disposti attorno e ai piedi di un tabernacolo portatile posto su un tavolo adorno di tovaglie d’altare a grandi pizzi, dove dopo la messa del pomeriggio verrà riposto il Santissimo. Qualche violetta odorosa o un ramo di mandorlo in fiore e qualche calendula, secondo il periodo in cui capita Pasqua, ingentiliscono gli steli dorati dei piattucci. Chi ha i lumi ad olio d’ottone a tre fiamme si fa un dovere ed un onore di farli ardere innanzi al Santissimo.
Alla messa del pomeriggio di Giovedì Santo non manca però nessuno.
Riposto il Santissimo nel Sepolcro, al canto del "Pange Lingua", il tabernacolo sull’altare spogliato del conopeo e lasciato aperto e l’altare spoglio delle tovaglie danno un senso di vuoto. Da quel momento e per tutta la notte, fino al pomeriggio di Venerdì Santo, nella chiesa si alterneranno devoti e devote per l’ora di adorazione. Mai il Santissimo nel Sepolcro dovrà rimanere da solo.
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