“Battibanchi”

 Post Ivana Fiordigigli

Anche ad Assergi, almeno sino alla prima metà del Novecento, nella Settimana Santa  durante la funzione del mercoledì sera si ripeteva il rito dei "Battibanchi"  da parte di giovanotti e ragazzi, che rumorosamente testimoniavano la loro partecipazione alla Passione del Cristo. Tale evento veniva preparato in anticipo; quando si svolgeva il taglio della "macchia" ognuno preparava con cura il suo "battibanchi ". Naturalmente questo avveniva in una chiesa di Assergi ancora non ristrutturata e riportata alle sue origini, C'erano ancora l'altare tradizionale, la balaustra in pietra che divideva il popolo dallo spazio riservato a Parroco ed officianti, la volta rialzata, illuminata da finestroni e caratterizzata dal dipinto di San Franco e di S. Egidio, altari oggi inesistenti e uno splendido pavimento in grosse lastre squadrate di pietra, un grande organo a canne; tutte cose oggi scomparse 




Il rito del Mercoledì Santo

a cura di Franco Dino Lalli

Il rituale che viene descritto è una delle tradizioni che sono state utilizzate, tempo fa, nel nostro territorio per teatralizzare alcuni momenti principali della passione di Cristo durante la Settimana Santa. 

Quella descritta era in vigore anche in Assergi fino alla metà circa degli anni Cinquanta del secolo scorso, tramandata con il nome di “Battibanchi”, ed è una rappresentazione piuttosto particolare, “rumorosa”, che serviva per simbolizzare, attraverso la partecipazione di tutti i fedeli presenti alla funzione religiosa del Mercoledì Santo, le sofferenze di Cristo, le sue battiture durante la flagellazione, l’oscurità appena dopo la sua morte e il terremoto seguente.

Il professor Giancaterino Gualtieri descrive, nel suo libro già citato, le sequenze del rituale che si svolgevano nel suo paese, San Benedetto in Perillis, molto simili anche a quelle in Assergi.



“Battibanchi” 

di Giancaterino Gualtieri


Alla funzione della sera di mercoledì santo c’è la lettura dei salmi, l’ufficio delle tenebre (in origine forse per il triduo sacro di giovedì, venerdì e sabato mattina, i "matutina tenebrarum" della Liturgia delle Ore, poi anticipato al mercoledì sera). È un momento magico con quella chiesa oscura illuminata solo dai quindici ceri del grande candelabro triangolare (la saetta). L’atmosfera è quasi di terrore atteso. Durante le letture salmodiate e cantilenate dal sacerdote e dagli uomini, alla fine di ogni salmo il sacrestano spegne un cero con lo spegnitoio fissato in cima alla canna. Alla fine del quindicesimo salmo il celebrante stacca il cero sommitale rimasto sul candelabro triangolare e per ricordare le battiture di Cristo durante la flagellazione (ma anche le tenebre che scesero sulla terra alla sua morte e il terremoto che ne seguì), con il libro dei salmi chiuso percuote alcune volte il banco o la sedia e si nasconde dietro l’altare maggiore. È il segnale che tutti, ragazzi e non, aspettano. Al buio più completo ciascuno si fa un dovere di fare il peggior fracasso possibile , picchiando su banchi, sedie ed altro. I giovanotti e i ragazzi in secondo ordine (guai per i ragazzi a insidiare loro il privilegio, che calci e pugni sono poi tutti per loro), con calci e pugni si accaniscono contro il tavolato che funge da controporta all’entrata della chiesa e che, funzionando anche da ottima cassa di risonanza, amplifica a dismisura ed in modo pauroso i colpi generosamente e giocosamente portati per alcuni minuti. Poi il celebrante riappare con il cero acceso in mano e il fracasso di colpo cessa. La tensione così si scioglie e si ritorna a casa a mangiare un boccone. I bambini si stringono alle gonne delle mamme e delle nonne, ancora impauriti ed eccitati. La notte dormiranno male.

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