Festività di San Benedetto Abate in San Benedetto in Perillis di Giancaterino Gualtieri

Post Ivana Fiordigigli

A completamento della sua ricerca su San Benedetto, Franco  Dino Lalli ritiene opportuno riportare da “Calendario - L’anno agrario, civile e religioso" di Giancaterino Gualtieri, Regia Edizioni, marzo 2021, la festa dedicata a questo Santo in San Benedetto in Perillis


Festività di San Benedetto Abate in San Benedetto in Perillis

di Giancaterino Gualtieri


Facciata principale dell’Abbazia di San Benedetto in Perillis


Il 21 di marzo è la festa di San Benedetto Abate, il protettore del paese. Già dal mese di novembre, finito ormai l'anno agrario, se si eccettua la raccolta delle olive e quindi in un periodo di relativa abbondanza, i componenti del comitato feste, i procuratori, vanno in giro per il paese per la questua.

Agli inizi di novembre, dopo i morti, vengono fatti celebrare una messa e i vespri per l'inizio della questua, così tutti sono avvisati. La questua stessa diviene un atto sacro e l'offerta un adempimento religioso. Sono poi in realtà le mogli e le sorelle dei componenti il comitato che in pratica girano per il paese a due a due, la domenica o quando pensano sia il momento opportuno per trovare più persone in casa, con le canestre in testa e il canestro per le uova in mano.

“La carità per San Benedetto”, dicono bussando di casa in casa. Ognuno dà in ragione delle sue possibilità, in genere un piatto di grano o un piatto di granturco e qualche uovo.

“San Benedetto te lo possa accrescere”, è il saluto di ringraziamento, prima di bussare alla casa successiva. In genere si fanno parecchie uscite.

Il grano e il granturco raccolto si portano a vendere a Popoli e così pure le uova al mercato. Con il ricavato si provvede alle prime spese della festa e a chiamare il pirotecnico per gli spari, dai pochi colpi alla sera all'inizio della novena, a quelli del mattino della festa e al grande sparo della processione del giorno. Bisogna poi provvedere alla novena prima della festa, a pagare il prete per le funzioni e per quanto spettante al predicatore che tiene il panegirico alla messa di mezzogiorno, in genere qualche frate del convento di Capestrano che ha fama di gran predicatore.

Per la banda, trattandosi di un giorno solo, si ripiega su qualche complesso racimolato nella zona, quello di Molina Aterno, di Collepietro e anche quello di San Benedetto stesso diretto da Pietrantonio che per alcuni anni è rimasto in funzione. Basta che faccia un po’ di fracasso e ci sia uno che sappia suonare la cornetta per il fatidico squillo per indicare al pirotecnico di dare inizio ai fuochi artificiali.

Il mattino della festa il primo giro per il paese lo fanno il piffero e il tamburo ed è già una festa sentire le note stridule del piffero ritmate dal ritmo cadenzato del tamburo. “Rizzate tu ca iù m’è rizze, dacci le pàne, le vùne i la pizza” (Alzati tu che io mi sono alzato, dacci il pane, il vino e la pizza) sembra essere il messaggio sonoro della coppia portato di porta in porta e così scherzosamente lo interpreta accanto il codazzo dei ragazzini vocianti che presto si aggrega alla coppia di musicanti. Pietro Saturni (Petrine Saturne), dal 1920 e per molti anni, sarà il tamburo per eccellenza di San Benedetto.

Anche quando sono chiamate altre bande, il primo giro mattutino di sveglia rumorosa e festosa per il paese lo farà lui, Petrine. È una istituzione e la festa, senza quel suo passaggio mattutino che tutti aspettano, non è tale.

All'uscita della messa, prima di iniziare la processione, si procede all'asta per il privilegio di portare in processione lo stendardo e la statua di San Benedetto. L’asta è a suon di coppe di grano, con grande soddisfazione dei procuratori che vedono aumentare le entrate della festa.

Lo stendardo e la statua sono tirati di qua e di là, a seconda dell'offerta più grande, sotto gli sguardi ammirati anche un po’ invidiosi della gente e i commenti rumorosi e gli oh, oh di meraviglia o di delusione. 

È un rituale serio e solo i ragazzi possono divertirsi a quel vai e vieni, ma senza farsi vedere per non beccarsi qualche schiaffone. 

Va da sé che possono ambire a quest'onore solo i più ricchi, che in questo modo ribadiscono agli occhi di tutti di essere non solo ricchi ma anche i più ricchi. Vanno all'asta poi anche gli stendardi e le statue degli altri santi protettori: la Madonna di Casaluce, Sant'Antonio e Santa Filomena, ma a quotazioni inferiori. Per voto fatto o per qualche grazia ricevuta o per mettersi in mostra, vi è sempre qualcuno che si accaparra anche questi privilegi.

Quando l'asta finisce, con un sospiro di sollievo dei preti che possono così iniziare la processione e dei procuratori per l'incasso ricavato, parte la processione con le donne in testa dietro la croce e gli uomini dietro con lo stendardo prima di ogni statua e la statua di San Benedetto in prima posizione, come dovuto.

Prima di dare inizio ai fuochi artificiali la processione si ferma. I portatori di stendardo fanno omaggio alle statue dei santi. Gli stendardi vengono abbassati tre volte fino a toccare terra, a vele spiegate. È il momento, per i giovanotti che portano lo stendardo, di dar prova di abilità e di forza. Il massimo di forza e di abilità è di abbassare e di rialzare lo stendardo usando una sola mano, sotto lo sguardo ammirato ed interessato delle ragazze da marito e di benevole occhiate e commenti della gente. 

Se non ci si ferma per gli spari lungo il percorso, l'omaggio si fa al rientro delle statue in chiesa sul sagrato. All’uscita dalla chiesa dopo la processione, ad ogni portatore degli stendardi e delle statue, viene data una ciambella rituale dai procuratori.



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Panorama di San Benedetto in Perillis





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