2 - Giochi degli adulti con bambini di Giancaterino Gualtieri
Post di Ivana Fiordigigli
Esse costituiscono le prime forme poetiche che da piccoli abbiamo assaporato e trasmettiamo ai nostri piccoli; hanno lo scopo prevalente di divertire, di rallegrare. Le situazioni raccontate oscillano tra l’immaginazione e il fantastico, tra l’assurdità e l’irrealtà, spesso con un linguaggio colorito ed efficace. Il dialetto è lo strumento principe delle filastrocche e, dato che sono state trasmesse per via prevalentemente orale, in cui ciascuno ha aggiunto o ha interpretato le situazioni, per ogni filastrocca ci sono tante varianti diverse da paese a paese.
Le filastrocche hanno testi divertenti e semplici, i versi scorrono facilmente, si usano espressioni forti e con parole ripetute, i ritornelli scandiscono le semplici strofe e danno un ritmo cadenzato. Le filastrocche in particolare sono fatte per colpire i bambini, o insegnare qualcosa o comunicare una emozione, o convincerli di qualcosa, o fare la conta in un gioco o semplicemente divertirli con le strane associazioni. Gli argomenti sono scherzosi o fantasiosi, le situazioni presentate spesso assurde e irreali, il linguaggio immaginario e fantastico.
Vengono trasmesse di generazione in generazione; l’origine si allontana nel tempo e non permette di conoscere l’autore.
Cercare in esse una logica è difficile, se non impossibile, ma gli elementi costituenti sono reali e legati alla realtà contadina o a determinate situazioni sociali e culturali.
Cicchi cicchi Janni
jémo a San Giovanni.
Che ji portémo?
Na soma de léne.
Chi ce lle porta?
La cajjina cioppa.
.
Chi l’ha acciuppita?
U palu della porta.
U palu addov'eju?
J’abbrusciatu u focu.
U focu addov'éju?
J'ha smorzatu l'acqua.
L’acqua addov'élla?
Se l’é bevuta la vacca.
La vacca addov'élla?
Se nn’é scappata pé' lle montagne.
Ha trovata 'na castagna.
La castagna è tutta mia...
Mo pijjemo 'nu curtejucciu
e accijemo stu pecurucciu!
(facendo solletico sul petto del bambino)
Così, nelle filastrocche riportate da G. Gualtieri capita che:
- Il mondo esterno e pieno di pericoli è rappresentato dalla fonte in campagna, dove si può incontrare anche il lupo e al bambino si chiede: "Hai avuto paura? e si gioca a chi soffia più forte e a chi primo abbassa gli occhi!
2021
Giochi degli adulti con bambini
di Giancaterino Gualtieri
Lìuna lìuna. Luna luna.
Lìuna lìuna Luna luna
dàmme nu plàtte de maccarìune, dammi un piatto di maccheroni,
i se nne me ci mìtte le càsce e se non mi ci metti il cacio
me t'arróbbe la rattacàsce. mi ti rubo la grattugia.
La strofetta alla luna piena veniva cantata dagli adulti quando giocavano con i bambini, sempre tenendoli sulle ginocchia e facendoli ballare.
Scì iùte àlla fònte. Sei andata alla fonte.
Scì iùte àlla fònte, Sei andata alla fonte,
scì vìste gliù lìupe, hai visto il lupo,
chi à 'vìute chiù paìura chi ha avuto più paura
fuh, fuh, fuh! fuh, fuh, fuh!
La strofetta fa parte di un gioco fra bambini o fra adulti e bambini. Ognuno soffia violentemente negli occhi dell'altro. Perde chi smette di soffiare per primo.
La strofetta del gioco con qualche variante è riportata in calce alla favola XIX – La giovane ingraziata da Antonio De Nino, Usi e Costumi Abruzzesi… cit.
- Sci’ state a Rome? -
- Sci’-
- Sci’ passate lu fiume?-
- Sci’-
- Sci’ avute paura?-
- No -
- Famme vedè? – (la madre soffia agli occhi del figlio; e si abbassano le palpebre.)
- Ahhh! Sci’ avute paure!-
Quànte còrna té na cràpa? Quante corna ha una capra?
Messo il bambino/a a cavalluccio sulle ginocchia gli (le) si chiede:
"Quànte còrna té na cràpa?" “Quante corna ha una capra?”
Se il bambino risponde, ad es. " Due", gli si canta:
"I se trò avìssce dìtte “E se tre avessi detto
'n cavaggliùcce te mettìssce a cavalluccio ti metteresti
'n cavaggliùcce de gliù ré a cavalluccio del re
'n cavaggliùcce de gliù pàpa a cavalluccio del papa
quànte còrna té na cràpa?" quante corna ha una capra?”
e così via giocando sulle risposte.
Una variante della strofetta può essere:
Alla pòrta la rentràta...
Alla pòrta la rentràta... Alla porta della rientrata...
quànte vàca só chiamàte? quanti chicchi son chiamati?
Se il bambino risponde, ad es. " Due", gli si canta:
etc.
Mìscia mìscia iàtta. Micia micia gatta.
“Mìscia mìscia iàtta “Micia micia gatta
che te maggnìste sòra?” che mangiasti sera?”
“Pàne i pòra”. “Pane e pere”.
“Frùsta frùsta ca nn' é le vòre.” “Pussa via che non è vero.”
La frasetta viene spesso abbinata al gioco del topino di pezza.
Si prende un fazzoletto, si arrotola, si gira e si piega fino a far uscire due piccoli lembi che simulano le orecchie, mentre il restante fazzoletto arrotolato simula il corpo del topo.
Tenendolo in una mano si fa finta di accarezzarlo con l’altra mano mentre si recita la frasetta, in modo da nasconderlo parzialmente.
All’ultimo versetto si dà un leggero colpetto con le dita della mano che tiene il topolino, senza essere visti perché l’altra mano copre il tutto e il topolino schizza via come fosse vivo.
La frasetta è riportata in apertura della favola XII – L’Orca da Antonio De Nino, Usi e Costumi… cit.
Scìmmia scìmmia cùre pelàte. Scimmia scimmia dal cul pelato.
Scìmmia scìmmia cùre pelàte,
Scimmia scimmia dal cul pelato
va ‘ccavàgglie a gliù sciancàte; va a cavallo ad uno sciancato;
gliù sciancàte se utucó lo sciancato se ne cascò
i la scìmmia remanó. e la scimmia li restò.
Filastrocca scherzosa canticchiata giocando a portare a cavalluccio i bambini piccoli e mimando la situazione, lasciandosi cadere pancia a terra lentamente in modo che il bambino possa mettere i piedi per terra e rimanga in piedi.
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