9 - Giochi: " I… bombaroli" di Giancaterino Gualtieri

Post di Ivana Fiordigigli

I ragazzi a volte facevano giochi pericolosi. Per essi costituivano un divertimento, anche perché si aveva l'impressione di star facendo qualcosa di proibito. Consideriamoli come qualcosa che si faceva in tempi passati, ma non è assolutamente consigliabile ripetere; si raccontano anche molti infortuni capitati a ragazzi col maneggiare per gioco bombette e polvere da sparo.

Fatto questo avvertimento, gustiamoci, però, il vivace racconto che segue.



 I… bombaroli

di Giancaterino Gualtieri


a) Gli spari (le bbumbétte) (i colpi inesplosi dello sparo delle feste).


Durante la processione con la statua del santo di cui ricorre la festa in quel giorno, dopo la riverenza degli stendardi e gli aspettati squilli di tromba, il fragore del primo colpo già dà l’idea di quanto forte sarà lo sparo. 

Si sta tutti con gli occhi attenti e il cartoccio-proiettile viene seguito da quanto esce con un leggero rumore sibilante tra una nuvoletta di fumo dal mortaio fino al momento in cui scoppia luminoso nel cielo con una rosa di fumo che il vento si diverte a spingere.

Ma occhi più attenti seguono la traiettoria e il destino dei proiettili: quelli dei ragazzi e dei giovanotti e quelli dei padri dei ragazzi.

Quello che deve essere attentamente seguito è il proiettile che fa cilecca e ricade rapidamente a terra. Tutti questi occhi seguono la traiettoria della caduta e il cervello registra, proiettile per proiettile inesploso (le bbumbétte), il punto esatto della caduta fra l’erba alta e i campi di grano o di mais (si semina a vece, un anno grano e un anno mais o patate, ceci etc.). 

Appena finita la processione tutti gli interessati si mettono alla ricerca tra l’erba dei proiettili inesplosi, ragazzi, giovanotti e padri. Ma per motivi diversi. 

I ragazzi e i giovanotti cercano i proiettili inesplosi perché quel giorno e i giorni successivi saranno il divertimento assicurato e i padri per sottrarre i pericolosi colpi alle spasmodiche ricerche dei ragazzi che sconsideratamente ne faranno un pericolosissimo uso. 

Ogni colpo inesploso trovato è un tesoro trovato e chi lo trova ne va fiero ed è invidiato come un eroe dagli altri. 

Trovare poi uno dei colpi iniziali o finali (le bbómbe de gliu cuduttéune- i colpi finali), quelli più potenti e che contengono la maggior quantità di polvere nera da sparo, è un risultato che travalica gli anni e viene ricordato e mitizzato.

Ma anche gli occhi attenti del pirotecnico (gliu sparatéure) e del suo aiutante hanno visto ed è difficile che non recuperino rapidamente questi grossi involucri non esplosi appena finito lo sparo. 

Hanno il tempo a loro favore: possono iniziare la ricerca immediatamente dopo la fine dello sparo mentre i ragazzi e i giovanotti devono ordinatamente, anche se fremono per la fretta e l’ansia, riprendere il lento cammino della processione. 

Nessuno può lasciare la processione e correre a cercare il tesoro. 

Le regole sono regole e tutti le conoscono anche se nessuno le ha scritte.

I colpi inesplosi rinvenuti vengono delicatamente scartocciati e si raccoglie la polvere nera. Ragazzi e giovanotti torno torno assistono eccitati al rito.

Il divertimento consiste nel versare dal cartoccio una modica quantità di polvere su una pietra liscia del selciato. 

Sulla polvere si mette una pietra liscia che viene tenuta ferma e premuta con il tallone della scarpa sinistra. Si dà un secco colpo al tallone sinistro con il tallone della scarpa destra e la polvere esplode fragorosamente. 

Se di polvere se ne è messa una certa quantità l’esplosione è così forte che il piede ne rimane indolenzito e dolorante (me s’é addurmùte gliu péde, m’àve fàtte le fermùche a gliu péde - mi si è addormentato il piede, mi è venuto un formicolio al piede-) per un bel po’. 

Ma i più ammirati sono proprio i coraggiosi che abbondano in polvere nera da far scoppiare per attrito e non temono il dolore.






b) I botti (gli scòppie )[(produzione di acetilene da carburo di calcio e botto per accensione dell'acetilene (1)]


Ma anche chi non è così fortunato da trovare qualche colpo inesploso, lo sfizio di fare un po’ di fracasso se lo può levare.

Basta farsi dare un po’ di carbùre, con qualche moina o più sicuramente con qualche fiasco di vino o qualche formaggetta di straforo, dal gelataio che immancabilmente staziona alla piazzetta per tutti i giorni delle feste. 

Per la sera le sue luminarie sono rappresentate da un lume a carburo (ad acetilene) che spande una luce giallognola sulle facce dei pochi ragazzi e ragazze a cui i genitori generosi (almeno per il giorno di festa) hanno dato qualche soldo per comprare il gelato.

Per utilizzare a fini pirotecnici il pugnetto di bianco carbùre bisogna procurarsi un preziosissimo barattolo, di quelli da carne in scatola (na scàttela de càrne ‘n consèrva) o di pomodori pelati. Quella è la dimensione giusta. 

Qualcuno utilizza anche i bidoncini del concentrato di pomodoro (gliu cutturìglie de gliu stràtte), ma richiedono troppo carburo e quindi ci si ricorre solo in mancanza di scatole più adatte. La scatola va poi forata con un chiodo o un punteruolo sul fondo. 

Il luogo dove posizionare l’apparato viene scelto con cura, in genere alla Macchia, fuori dagli occhi indiscreti e attenti dei genitori e anche perché è facile scavare un piccolo buco nel soffice terreno. 

Si prepara un buco nel terreno profondo tre dita e leggermente più largo della dimensione della scatola. 

Si batte bene il fondo per compattare il terreno. Si mette in mezzo la quantità di carburo voluta e si bagna con acqua portata con un’altra scatola o più sbrigativamente, e anche perché fa più effetto, qualcuno vi piscia sopra, ma non tanto. Si ricopre rapidissimamente con la scatola capovolta tenendo chiuso il foro sul fondo con un dito e ancora più rapidamente si serra forte attorno alla scatola la terra bagnata scavata per fare il foro.

Dopo circa un minuto, (spesso quelli che assistono contano ad alta voce i secondi) o comunque quando il mastro artificiere ritiene giunto il momento, si accosta l’accendino acceso (la machenétta p’appiccè le segarétte) o un fiammifero acceso al foro levando contemporaneamente il dito e tirando via rapidamente la mano.

Il gas che si è formato per reazione carburo-acqua, l’acetilene, si infiamma di colpo e con uno scoppio spinge verso l’alto la scatola, che parte come fosse il cartoccio-proiettile degli spari del giorno. 

Se si fa di sera la cosa è più spettacolare vista la fiammata che illumina per un attimo la scena. 

Ma bisogna essere molto bravi, oltre che rapidi. La scatola deve essere piantata verticalmente, altrimenti parte lateralmente e non c’è gusto a vedere fin dove si alza. Bisogna essere coordinati nel togliere il dito e accendere, altrimenti il gas fuoriesce e perde pressione e tutto si risolve con una specie di soffio, certe volte neppure accompagnato da una fiammata. E poi bisogna togliere rapidamente la mano e soprattutto tirare indietro la testa, altrimenti la scatola uno se la piglia in faccia e oltre al dolore bisogna poi sopportare gli sghignazzamenti dei presenti e l’onta per tutto il resto della vita. Ma chi è un bravo sparatore ha il suo momento di gloria e non è poco. 


(1) Un processo di produzione dell’acetilene si basa sulla reazione fra carburo di calcio e acqua. L’acetilene, composto organico, idrocarburo insaturo di formula CH≡CH, è un gas incolore che brucia con fiamma molto luminosa e calorifica e forma, con aria o ossigeno, miscele esplosive. 



c) Lo stoppaccio (gliù stuppàcce, pl. gli stuppècce).


Lo stoppaccio, nome derivato dalle pallottole di stoppa inumidita e pressata che spara, è una specie di cannoncino di legno ottenuto tagliando un ramo dritto di sambuco di circa tre centimetri di diametro e lungo dieci centimetri circa. 

Si svuota il midollo interno, ottenendo così un cilindro forato, ossia una canna. 

A parte si prepara uno stantuffo di legno duro di diametro uguale al foro cilindrico del cannoncino e leggermente più corto del cannoncino, con un ringrosso finale che fa da fermo. 

Si mastica una pallottola di stoppa inumidita e si pressa dentro la canna con lo stantuffo, fino quasi all’uscita. 

Estratto lo stantuffo si prepara una seconda pallottola di stoppa inumidita e si pressa con lo stantuffo per un paio di centimetri dentro la canna. Lo stoppaccio-cannoncino è così caricato. 

Reggendo lo stoppaccio con una mano, con il palmo dell’altra mano si dà un colpo secco allo stantuffo che viene così forzato ad entrare completamente nella canna.

La seconda pallottola di stoppa a tenuta viene così violentemente spinta in avanti e l’aria compressa fra le due pallottole di stoppa spinge la prima pallottola ad uscire velocemente dalla canna verso il bersaglio prescelto. La seconda pallottola rimane in canna. 

Si estrae lo stantuffo-pistoncino, si infila un’altra pallottola di stoppa masticata al momento, si pressa con lo stantuffo e si ricarica lo stoppaccio. 

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