Una foto da "rileggere"
Post di Ivana Fiordigigli
La "portatrice di acqua"
C'è una foto, sul Web, di una povera donna di età indefinita, ma che dalle profonde rughe del viso si direbbe già vecchia, ripresa negli anni Cinquanta o Sessanta del '900. Nel paese di Assergi tutti hanno memoria di Grazia la Camarda o della Camarda, altrimenti detta Graziuccia.
E' una foto che di per sé è un'opera d'arte, una di quelle foto che parlano e toccano il cuore, che in uno scatto colgono un'anima e tutta una vicenda di vita; è infatti opera di un grande fotografo di fama, di origine assergese ma residente a Roma: Aldo Ippoliti.
Pur essendo stata pubblicata in alcuni articoli questa foto, toccante e carica di pathos, non viene citato l'autore della stessa e non viene citato il contesto in cui è stata scattata. Tanto meno, forse, qualcuno si è chiesto se alla povera e fragile donna avrebbe fatto piacere ritrovare il suo volto inflazionato su internet.
Intanto cerchiamo di restituire il contesto alla immagine in questione; è il cinque giugno, giorno di San Franco, e il paese di Assergi è in festa quando Aldo Ippoliti scattando foto con la sua macchina fotografica testimonia la sua attenzione e sensibilità nei confronti della realtà e cultura locale. Le sensazioni che emergono dalla figura di Grazia, che volentieri e col suo più bello e dolce sorriso si offre quella mattina alla macchina fotografica di Aldo, che conosceva bene, fanno da straordinario contrasto con la realtà che è testimoniata dalle sue povere e logore vesti, la grossa spilla da balia, i bottoni diseguali della maglia, la cintura a cordoncino che le stringe la vita e che usava per portare appesa una lunga chiave antica di ferro
.
(Stesso discorso potremmo fare per la foto di "Parente", inquadrato nella sua andatura curva mentre passa nel piazzale davanti al convento francescano vicino ad uno dei pulmann che hanno portato ad Assergi i pellegrini per la festa di San Franco; anche lui si dirige alla chiesa e si prepara per la processione, dove è solito portare la Croce.)
Intanto proviamo a capire chi è stata Grazia. Originaria di Camarda, era venuta in Assergi dopo il matrimonio della sorella ed aveva una povera casa vicino alla stessa; morta la sorella era rimasta sola e doveva arrangiarsi per vivere.
Quale era il mestiere di Grazia'? In un'epoca, in cui nessuno aveva in casa l'acqua corrente, una occupazione indispensabile e quotidiana per gli usi di famiglia era andare a prendere acqua alla fontana con la conca; la maggior parte delle famiglie provvedeva direttamente a questa necessità.
Molta più acqua, invece, era indispensabile per famiglie numerose o per famiglie della borghesia artigiano-commerciale del paese che svolgevano servizi rivolti al pubblico; occorreva un aiuto e qui emerge il mestiere di Grazia la Camarda: portatrice di conche piene di acqua dalla mattina alla sera.
Così, attinta l'acqua alla fonte a "I Frati", la si vedeva salire col peso della conca sulla testa lungo Via del Convento e passare per Nna Porta sino ad arrivare a destinazione, per poi ripetere l'operazione.
Era un mestiere per Grazia, una occupazione che svolgeva con impegno e con fatica, quotidianamente, e in estate come in inverno, ma forse non ci ricavava nemmeno il necessario per vivere. Raccontano che si accontentava di ciò che gli era offerto e spesso si trattava di "nu picchieruccie de vino", cosa che non saziava la sua fame, non riempiva lo stomaco e minava la sua salute. Stressata da questa vita, affamata, a volte vacillava o sbandava sotto il peso e si sentiva qualche uomo dire: "Guarda Graziuccia!..."
Passava così continuamente, affaticata dal peso della conca, il collo rientrato e sofferente, per "nna Porta e, all'unico uscio di casa che trovava aperto, s'affacciava dicendo: "Damme nu tozze de pane!"; questo la dice lunga sulla indifferenza che la circondava.
Senza stare a ipotizzare o ricostruire più di tanto, la sua vita si è svolta semplice e stentata, è stata sofferta senza parlare o lamentarsi. Il fotografo Aldo Ippoliti, da vero artista, ha immortalato la figura e il viso di Grazia con la sua foto, cogliendone l'estrema povertà, ma anche la dignità e lo sfruttamento.
Richiesto da me, Gino Faccia ha detto che nessuno in Assergi sa raccontare come è morta Graziuccia.
Ha raccontato la storia di Grazia Angelo Acitelli in una delle sue poesie in dialetto assergese del libro "Scura mea" pubblicato nell'anno 1996:
Chi ne-n-ze recòrda,
pòra femmenùccia,
de Grazie-'lla-Camarda:
co' 'nu sécchie, co' 'na césta,
tutta la jornàta...
co' la conca 'ndèsta,
co' 'nu tuzzìtte pane,
appojàta a ju pilone,
la sparra tra le mane;
pennéa da ugni pizze,
le saccocce-jju-zinàle
sèmpre co' 'jju bozze;
appojàta spésse pe' jji muri...,
la chiave a ju centarìne
fatte de cravatta co' jjì fiori!
a ugni casa cerchéa u coccaréjje,
'nu picchére -vine..., po' dicéa:
"mo' sci che sténghe méiie!"
C'è anche un'altra sua poesia che ci piace citare: 'Na conca d'acqua
'Na conca piena d'acqua
è còme 'na ricchézza!
quann'è svujja... che tristezza;
sopre a ju concàre
pare tanta tanta...,
préste è còme l'acqua santa;
se ciòcchela u manére
dentre u fonne de lla conca,
accidènta! E' l'acqua che ci manca;
corre alla fonda...
la reporte 'ndesta,
sera mmatina e ne-n t'abbasta.
a.
E' vergognoso l'uso che viene fatto delle foto da taluni senza neanche citare l'autore degli scatti.
RispondiEliminaUna preghiera per Grazia, sfruttata da viva e da morta.
Il Pasquino