Proverbi di Assergi, di Franco Dino Lalli: LA LIGGÈRA (Lab. memorie)
Post Ivana F.
Dopo la calda pausa di ferragosto torniamo ai proverbi di Franco Dino Lalli.
Chiaramente non "sono di Franco Dino Lalli"; le parole a volte possono essere equivoche!
I proverbi non sono di nessuno e sono di tutti, provengono dalla saggezza popolare accumulata nel corso delle generazioni e dei secoli e sono quasi un distillato di essa, tradotto in massime e sentenze. E' per questo che in essi c'è tutto e il contrario di tutto. Per giudicare una situazione ecco che ci viene in mente un proverbio, che ci sembra proprio pertinente; ma, ecco che qualcuno ci suggerisce un detto completamente diverso, ma appropriato alla situazione, ma con opposta visione filosofica della vita.
Quelli che stiamo mano a mano riportando, sono stati raccolti da Franco Dino Lalli con molto impegno ed attenzione ai suoi testimoni, che hanno fatto da fonte della tradizione orale e popolare. e vengono offerti ai lettori organizzati per argomento, con traduzione o breve commento.
Non è il primo Franco Dino che si occupa di questa tradizione popolare assergese; abbiamo altri autori importanti. Chiunque ha scritto qualcosa di Assergi ne cita qualcuno.
Qualche proverbio o detto locale lo cita anche il Tomei (fine secolo 1700), ma Don Demetro Gianfrancesco nel suo libro impostato come trattazione storico religiosa del 1980, parlando di Assergi, dà spazio anche ad una serie di proverbi.
Un sostanzioso apporto in questo senso ci è offerto dall'artista assergese Angelo Acitelli, che nel 1996 nel libro da lui pubblicato ... Scura Mea! Assergi antico ne raccoglie una sessantina, facendo una sicura opera di puntualizzazione e trasmissione della tradizione.
LA "LIGGÈRA"
di Franco Dino Lalli
Alla vena denigratrice che spesso circola nell'anima della tradizione popolare appartengono i seguenti “sunnitti” dedicati alla “liggèra”, cioè agli sfaticati, a coloro a cui non piaceva molto faticare, definiti con questo nomignolo:
Vaje a Roma pe lavorà,
prèga Dì pe nen trovà.
(Vado a Roma per lavorare
prega Dio per non trovare).
Sicuramente riferibile alle migrazioni dei lavoratori stagionali nella Campagna Romana, anche dalle nostre zone.
Alla liggèra ji gira la testa,
oggi lavora e domane fa festa.
(Alla liggèra gira la testa
oggi lavora domani fa festa).
Il seguente, cantato anche come uno stornello, sembra essere quasi un inno:
Nengue e fiocca de sta manièra,
ma la liggèra, ma la liggèra.
Nengue e fiocca de sta manièra,
ma la liggèra trionferà.
(Nevica e fiocca intensamente,
ma la liggèra, ma la liggèra.
Nevica e fiocca intensamente,
ma la liggèra trionferà).
Liggèra era il nomignolo affibbiato a coloro che non avevano voglia di lavorare, agli
scansafatiche.
Il termine, in uso anche in Assergi in tempi lontani, ma entrato nel ricordo dei più
anziani, si ritrova anche nel Nord Italia e precisamente in Milano dove la ligèra, o
leggera, anche lingera era una forma di microcriminalità presente fino alla metà del
XX secolo ( borseggiatori, piccoli rapinatori, protettori, ladri
d'appartamenti, truffatori, strozzini, contrabbandieri, ricettatori
e allibratori). Alcuni
giovani ligera divennero in seguito banditi celebri.
Il termine assumeva valori diversi a seconda del contesto socioeconomico in cui
esso veniva usato.
Nelle grandi città la “ligera” era associato in generale a quello di “malavita” e ad una
persona con il significato di piccolo malvivente abituale.
Nelle campagne generalmente era utilizzato per definire persone che non avevano
voglia di lavorare (“lingera” o “lingia”).
In alcuni canti, di origine urbana, era un semplice sinonimo di operaio.
Secondo Carlo Parpanesi, la parola leggera deriva dal fatto che gli orfani,
miserabili e vagabondi indossavano indumenti leggeri, inadatti al clima rigido
di Milano, e apparivano, pertanto, "leggeri" (Carlo Parpanesi, I miserabili di Milano,
Edizioni della Carpa, Milano, 1971, pag. 87).
“Circa l'origine della parola esistono diverse teorie. Se l'accostamento che appare a
prima vista è con l'aggettivo italiano leggero/-a (con allusione alla poca "gravità" dei
reati), secondo Sanga (1986: 36-7) è probabile che invece il termine, di
origine gergale, vada in realtà accostato ad espressioni come essere della legge,
"appartenere al mondo dei marginali", e provenga quindi da legge, con un suffisso -
era, anch'esso tipico del gergo. Un accostamento ipotizzabile, degno di nota
secondo alcuni ricercatori contemporanei dell'area toscana, va ai lavoratori
stagionali (minatori, braccianti, migranti) di fine Ottocento - inizi del Novecento, che
viaggiavano con bagaglio "leggero" per impegnarsi in quel "lavoro occasionale”,
percepito come sfruttamento. Negli spostamenti in treno intonavano canti
inneggianti alla scarsa voglia di "lavorare da sfruttati" per ciascun giorno della
settimana (canti di tradizione orale sulla “settimana della leggera, o lingera” e sul
“trenino della leggera”), formando una categoria sociale caratterizzata dal
precariato e dal bassissimo reddito.” Wikipedia.
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