Proverbi di Assergi IL CICLO DELL'ANNO (Lab. memorie)

di Franco Dino Lalli

Proverbio è una massima che contiene norme, giudizi, dettami o consigli espressi in maniera sintetica, molto spesso in metafora e in rima, e che sono stati desunti dall'esperienza comune. 

(Wikipedia)



Breve motto, di larga diffusione e antica tradizione, che esprime, in forma stringata e incisiva, un pensiero o, più spesso, una norma desunti dall’esperienza
(Dizionario Treccani)




I proverbi che seguono si riferiscono ai mesi dell’anno Gennaio-Aprile e a importanti festività considerate come punti di riferimento. 

Si riferiscono, infatti, alle prerogative climatiche di ognuno e soprattutto costituiscono riferimenti ben precisi sulle modalità di comportamento per un buon raccolto, per la preservazione dalle calamità naturali e per la protezione della vita quotidiana e sociale.

Rappresentano gli elementi più semplici e necessari della meteorologia empirica popolare che faceva riferimento al ciclo della vita naturale, all’osservazione del cielo e della nascita e della morte della natura, in un contesto più determinato e più oggettivo.

Nella cultura popolare il tempo meteorologico aveva un ruolo vitale e tutto era rapportato a esso per la buona riuscita o meno del raccolto e quindi del sostentamento. La meteorologia popolare, cioè quella scienza empirica del popolo con cui, attraverso e per mezzo degli eventi atmosferici, cercava di basare la propria attività lavorativa, prevedeva varie fasi che vanno dal rilevare determinati fenomeni al prevederli e infine a tutelare la propria condotta contro ogni rischio.









Chi lavora a Capedanne lavora tutte j’anne.


Natale coju sòle, Pasqua coju tizzone.

(Se il Natale è soleggiato a Pasqua si avrà brutto tempo.)


Iennare sfascia pajiare.

(Gennaio sfascia pagliaio). Gennaio, con le sue bufere, poteva rovinare le provviste stipate nel pagliaio.


Mandorla non fiorire di gennaio che viene aprile e maggio e te ne pentirai.

Un modo poetico per augurare ai mandorli di non anticipare la fioritura.

Se iennare nen iennaréa tra marze e aprile le vederréme. 

(Se gennaio non sarà gennaio tra marzo e aprile si vedrà).








Se febbraie nen febbraiéa marze e aprile le reparéa

(Se febbraio non sarà febbraio marzo e aprile riparerà).



Febbraie corte e amare.


Se alla Cannelòra fa u sòle dall’immerne seme fòre, ma se alla Cannelora fa sole solegne steme mmezze all’immerne 

(Se alla Candelora è soleggiato l’inverno è quasi terminato, ma se alla Candelora c’è un sole e un tempo incerto l’inverno è solo a metà).

La festività della Candelora è vista come previsione dell’esito successivo del tempo meteorologico.









Marze pazzareje èsce u sòle e scòppa l’ombrella.








Se all’Ascenzione piove, ugni quarte ne fa nòve 

(Se all’Ascensione piove ogni quarto di soma ne produrrà nove).


Se piove all’Ascenzione, ugni coppa ne fa na soma 

(Se piove all’Ascensione ogni coppa di terra ne produrrà una soma).


Aprile la vacca piagne e la pèchera rie.


Aprile non ti scoprire, maggio adagio adagio, giugno scopriti il grugno.


Se piove i quattre brillanti quaranta giorni durante.


Vale cchiù n’acqua tra marze e aprile che nu carre d’ore e chi u tira

(Vale più la pioggia tra marzo e aprile che un carro d’oro e chi lo tira).





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