5 giugno Giornata Mondiale dell'Acqua




L'ACQUA

di Giacomo Sansoni



Il 5 giugno di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente, istituita con la risoluzione 2994 del 15 dicembre 1972, a seguito dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Questa giornata ha un’importanza fondamentale per il futuro di tutti noi e delle generazioni a seguire.

Nella giornata di quest’anno il tema è:

“Ripristino degli ecosistemi” con l’obbiettivo di prevenire, fermare ed invertire i danni inflitti agli ecosistemi del pianeta e passare dallo sfruttamento della natura alla sua guarigione.

La Giornata del 5 giugno lancerà ufficialmente il Decennio delle Nazioni Unite per il Ripristino dell’Ecosistema, introdotto con la missione globale di far rivivere miliardi di ettari, dalle foreste ai terreni agricoli, dalla cima delle montagne alle profondità del mare.

Poiché tutti gli ecosistemi, benché in forma variabile in relazione alle loro peculiarità, necessitano dell’acqua, il mio intervento ha quale fine quello di illustrare le caratteristiche fondamentali dell’acqua, che l’hanno resa indispensabile al successo evolutivo della vita e in conclusione, in forma compendiosa qualche considerazione sulla qualità delle nostre acque.


Non a caso nella ricerca del campo cosmologico, rivolta alla scoperta di possibili esopianeti, le condizioni essenziali, che possono far prevedere un probabile sviluppo verso forme di vita è la ricerca dell’acqua.

L’acqua che è la base fondamentale della vita nel nostro pianeta e indispensabile per altre possibili realtà nell’universo.

Sulla terra l’acqua è il solvente universale, indispensabile per la vita biologica, fondata sulla chimica organica, ovvero, la chimica del carbonio. L’Acqua è conservativa e mitiga le pressioni selettive della natura, L’acqua fu la condensa del fuoco della creazione e brodo primordiale in cui si formarono le prime forme vitali.

Solvente di quasi tutte le sostanze inorganiche ed organiche.

Costituente principale, presente in tutti gli esseri viventi, con presenza dal circa 90% nelle meduse al 65% nell’uomo.

Per cui celiando potremo dire che, quando ci si misura o si fa atto di superbia, prima bisogna informarsi sull'ora delle maree.


Nel laboratorio chimico delle cellule procariote ed eucariote e altre forme microcellulari, l’acqua è il mezzo in cui avvengono tutte le infinite reazioni biochimiche della vita.

Ma perché l’acqua?

Quali sono le caratteristiche chimico-fisiche, che ne hanno determinato tale successo?

Ovviamente la sua natura.

Come sappiamo l’acqua (H2O) è costituita da due atomi di Idrogeno, posti tra essi a un angolo di 105°, e un ossigeno.






Data la differente elettronegatività degli elementi costituenti, nella sua configurazione le viene conferito un addensamento di frazione di carica negativa sull’ossigeno e positiva sugli idrogeni, ovvero la struttura di dipolo naturale, che la predispone alla formazione dei cosiddetti legami idrogeno con altre sostanze, più o meno polari, facilitandone la solubilità, che è anche dovuta alla sua costante dielettrica ℇ che vale circa = 80, ovvero, per semplificare, che può ridurre di 80 volte i legami chimici delle sostanze in essa disciolte, favorendone solubilità e chimismo.

I suoi parametri di temperatura di solidificazione, liquefazione ed evaporazione, sono compresi nel range proficuo alle condizioni vitali. Importante anche la sua condizione anfotera, ovvero di modulare il comportamento basico o acido a seconda del partner con cui ha relazione, tale per cui, nel suo equilibrio dissociativo, può progredire o regredire.

Per esempio quando abbiamo bruciori di stomaco, perché non diluiamo il bicarbonato in un qualsiasi altro solvente che non sia l’acqua? Solo perché l’acqua è facilmente reperibile e costa poco, non si sa ancora per quanto? in realtà perché il bicarbonato di sodio (NaHCO3) solo in acqua può solubilizzarsi e idrolizzarsi, ovvero compiere una reazione con l’acqua, in seguito alla quale libera ioni OH¯ che contrastano l’acidità degli ioni H⁺, in eccesso nello stomaco.

Questa ed altre caratteristiche, sono la sua plasticità davvero invidiabile. L’acqua è trina, in quanto al numero di atomi, nella sua acribia dipolare, che gli permette le metamorfosi, cioè le transizioni reversibili dei suoi stati. E’ fondamentale che quando dallo stato liquido passa a quello solido, diminuisce in densità, per cui galleggia sull’acqua liquida e per questa provvida metamorfosi può preservare in urne di vetro la vita, dei laghi e dei fiumi, potremmo dire, memore del sacrificio che le costò la difficile gestazione della vita, nel brodo primordiale.

Questo aspetto determinante, per cui il ghiaccio galleggia sull’acqua liquida la diversifica drasticamente, per esempio dall’anidride carbonica (CO2): Infatti la CO2 quando gelifica aumenta di densità, andando a fondo, per cui, qualora un eventuale sistema vitale fosse fondato sulla CO2, non avrebbe potuto giovarsi di tale protezione.

Analiticamente, questo fatto, è oggettivabile confrontando i diagrammi di stato dell’acqua e della CO2, in funzione della pressione e temperatura, da cui si evince il differente andamento della linea di transizione solido liquido, inclinata a Sx, verso l’ordinata, per l’H20 e verso Dx per la CO2.



Queste ed altre sono le caratteristiche importanti.

Non meno importante il fatto di essere inodore e insapore, di essere conduttrice di elettricità, ed altre qualità fini.

Qualche anno fa comparve alle cronache scientifiche una ricerca che le riconosceva, all’acqua, una sorta di memoria.

La ricerca prevedeva di effettuare un numero rilevante di diluizioni seriali, in acqua, di un antigene, per poi testarne, con il corrispondente anticorpo monoclonale, la risposta immunitaria.

Risposta che doveva essere assente, dato che con le diluizioni l’antigene doveva essere scomparso.

Eppure risposta v’era. Questo fu interpretato come se l’acqua avesse una memoria, conservata nella sua forma-memoria.

In realtà poi si capì che l’errore era dovuto al fatto che qualche molecola di antigene ancora residuava.

Però potremmo dire che, data la natura dell’acqua che s’offre a tutti e con tutti instaura rapporti proficui, se non la memoria certo una universale adattabilità e culla di ospitalità, certamente la possiede.



Nella ricerca delle gerarchie chimiche che hanno predisposto verso il successo della vita, vi è senz’altro anche l’ossigeno. L’ossigeno è diventato ora funzionalmente indispensabile, allorché la sua presenza surrettizia, indusse conseguenti mutamenti filogenetici che, in sua assenza avrebbero forse potuto evolvere verso linee diverse, qualora la natura ne avesse sperimentato altre possibili ma, visti gli esiti, evidentemente avevano probabilità decisamente inferiori se non impossibili.

Come cercherò sinteticamente di illustrare, l’ossigeno è il primo dei figli puri dell’acqua.

La cosa avvenne quando la fertile fantasia della natura inventò la clorofilla, presente nelle prime cellule fotosintetiche: alghe verdi e azzurre, le quali alterarono l’atmosfera primordiale, che era composta da una congerie di gas, quali idrogeno (H2), elio (He), metano (CH4), anidride carbonica (CO2), ammoniaca (NH3) e azoto (N2), fino a renderla ossidante per l’ossigeno, presente nell’attuale atmosfera terrestre con una percentuale di circa il 21%.

La clorofilla pigmento fotorecettore, che chimicamente ha una struttura non dissimile dalla emoglobina, dove al centro della molecola, nella parte attiva chiamato “eme”, al posto del ferro c’è il magnesio. La clorofilla, compie la cosiddetta fotosintesi clorofilliana.





Guardando la freccia di destra, dove la clorofilla cattura il fotone e si attiva in un meccanismo di eccitamento chimico, come in una staffetta, dove nel fotosistema, definito I, i citocromi in un progressivo processo di riduzione chimica, si passano il potere riducente sotto forma degli idrogeni, fino alla produzione di NADPH (nicotinammide fosfato ridotta) che è una forma di immagazzinamento di energia chimica nei sistemi biologici, come l’ATP, (adenosintrifosfato), che è quella principe e che, insieme al NADPH, forniranno energia nel ciclo di Calvin, che è il processo biochimico di organicazione dalla CO2 atmosferica, per produrre materia vegetale: biomassa.

I citocromi del fotosistema I, in seguito alle trasformazioni di produzione di NADPH, riducendo il successivo si ossidano, per cui affinchè il processo possa continuare senza interruzioni, occorre che tornino nella forma ridotta. Per questo fine interviene il secondo sistema fotosintetico, attivato anch’esso dalla luce solare, anche se a frequenze diverse, il quale fornirà al primo tutto il potere riducente che gli necessita, sotto forma di ioni idrogeno H.

Questo secondo sistema, sempre con una staffetta di citocromi, produrrà la fonte fondamentale nei sistemi biologici di energia, l’ATP di cui si è detto prima.

Cosa importante però e che nel fotosistema II gli elettroni, sotto forma di H, che ripristineranno il potere riducente al fotosistema I, sono presi dall’acqua, la quale, privata degli idrogeni libera quale sottoprodotto, l’ossigeno.

Per cui anche l’ossigeno deriva dall’acqua.

Potremmo dire che ogni goccia d’acqua è un respiro di vita.

L’ossigeno è indispensabile alla predominanza degli esseri viventi che sono aerobi, con l’eccezione di qualche specie strettamente anaerobie, fondamentalmente batteri, anaerobi obbligati, quali alcuni procarioti simbionti dell’intestino degli animali, alcuni eubatteri gram positivi, per esempio del genere clostridium, tra cui il clostridium tetani, responsabile del tetano, il perfringens, responsabile nella eziologia della gangrena gassosa, e il botulinum, del botulino.

Per non essere inconclusivi, dobbiamo dire che il mondo vegetale dei cosiddetti autotrofi, contribuisce, con i meccanismi di cui si è detto, a fornirci l’ossigeno e le fonti vegetali vitali, base della catena biologica, a tutti gli eterotrofi.

Solo le piante sono bastevoli a sé stesse e al mondo intero.

Lo schema seguente illustra come viene organicato il carbonio, che le piante prendono dalla CO2 (anidride carbonica) dell’aria e la trasformano in zuccheri e massa vegetale che è la base della catena biologica, di cui anche noi facciamo parte, posti sia al primo gradino quali erbivori o alla fine come carnivori.

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Lo zucchero per eccellenza che si forma in tale ciclo

di Calvin, dal nome del suo scopritore, è il glucosio che poi può trovarsi in forma isomerica nella cellulosa ed altre sostanze biochimiche carboidratiche.

Le piante potrebbero continuare a vivere senza l’uomo, l’uomo nò senza le piante.

Per cui chi nella sua vita non ha messo a dimora e accudito, un numero congruo di piante non può dirsi in pace con sé stesso e con il mondo.

Se si volesse, a scopo didattico, si potrebbe calcolare la quantità di ossigeno occorrente ad un uomo medio, con un metabolismo standard per un anno di tempo e da ciò risalire al computo delle piante necessarie ad un autarchico bilancio personale.

Con le piante si abbatte la CO2 che produce l’uomo nella sua perniciosa deriva deterministica.

Ai fini dell’abbattimento della CO2 contribuiscono anche i mari, che però in seguito a questo processo si acidificano sempre più.

Qualche scienziato ha proposto un metodo, non peregrino di ulteriore incentivo all’abbattimento della CO2 nel mare, utilizzando l’idrossido di calcio, la calce spenta, Ca(OH)2 che trasforma la CO2 in carbonato di calcio, riducendo contemporaneamente anche l’acidità dei mari.


Ora vorrei riservare un ultimo sguardo alla condizione delle acque abruzzesi e, ancor più alla nostra confinazione topografica, ovvero il sistema carsico del Gran Sasso.

Mi duole dire che il nostro Abruzzo, Regione dei parchi, Cuore verde d’Italia ed Europa, regione con non eccessiva densità abitativa, non gode confortanti condizioni di salubrità delle acque naturali, anzi è tra le regioni con acque più inquinate.

L’inquinamento del bacino acquifero di Bussi, e piano d’Orta, data dall’inizio del novecento.

Il Tirino uno dei più bei fiumi d’Abruzzo, con acque che sono una risorgiva del sistema carsico del Gran Sasso, per le attività del polo chimico, hanno subito un inquinamento protratto nel tempo, così, a circa 700 mila consumatori, praticamente i due terzi dell’Abruzzo, è stata distribuita acqua contaminata da miscele di sostanze di accertata tossicità, quali i solventi organoclorurati, il piombo e il mercurio.

Per di più senza limitazioni d’uso e controllo anche per fasce a rischio di popolazione o utenze sensibili (scuole, ospedali).

Lungo la valle dell’Aterno oltre al sito industriale lungo il fiume Tirino tutto ha l’aspetto di una mega discarica sino all’altezza della confluenza dei due corsi d’acqua), con inquinanti nell’intero acquifero sotterraneo.

Da una corposa relazione dell'Istituto superiore di sanità, è emerso che lo scarico di rifiuti industriali, senza alcun tipo di sistema di abbattimento del piombo, negli anni dal 1971 al 1973, avveniva direttamente nel fiume Tirino.

Sono gli anni in cui in tutta l’Europa, grazie a direttive comunitarie e nazionali, si procedeva a ridurre consistentemente le sorgenti di emissione del piombo nelle vernici, nei prodotti del petrolio, quali le benzine al piombo tetraetile, che ne aumentava la suscettibilità per resistere a rapporti di compressione maggiori, nei materiali a contatto coi prodotti alimentari e nelle acque potabili.

Il sito di Bussi sul Tirino agiva in controtendenza, con contaminazione di tutte le matrici ambientali nelle aree industriali e nei territori circostanti. L'analisi purtroppo con evidenza ormai esiziale, ha avuto nel tempo dati parziali, perché il monitoraggio è stato tardivo o molto tardivo, rispetto alle attività di rilascio.

Lo sversamento incontrollato e massivo di mercurio nel sito di Bussi, ha avuto luogo sin dal 1902 protraendosi fino agli anni 90 in corrispondenza con le attività legate all'impianto per produzione di cloro-soda.

La tossicità del mercurio è largamente nota almeno dal 1956, anno in cui ebbe luogo una intossicazione massiva nella località giapponese di Minamata con migliaia di vittime.

Il mercurio è inserito tra le 25 sostanze riconosciute come "sostanze pericolose prioritarie'".

Altro sito cagionevole, con ricorrenti evidenze venute alla cronaca, per il rilascio di trimetil benzene e dei trialometani, potenzialmente cancerogeni, che ha avuto una evoluzione di attenzione, anche con nomina commissariale, è il sistema integrato dei Laboratori sotterranei di fisica Nucleare del Gran Sasso e la galleria autostradale.

Le acque derivanti dallo scioglimento e dalle piogge di tutto il sistema carsico, ha ripercussione su tutto il bacino del teramano e dell’aquilano e parte del pescarese prossimo.

Le infrastrutture laboratori-galleria autostradale furono progettate e realizzate, in toto, dai fine anni 70 ai primi anni 80; periodo ante legislazione direttiva Seveso.

Non si poteva, al tempo, preludere la tipologia specifica degli esperimenti, che negli anni futuri, si sarebbero prospettati.

La attuale vulnerabilità del sistema sotterraneo, riguardo i potenziali rischi di inquinamento delle falde e acque di captazione per fini civili, ha derivazione congenita.

Dovuta alle visioni imposte dalle regole dell’arte vigenti al tempo della sua realizzazione.

Il complesso nato quale collegamento autostradale e, date le costituzionali prerogative di silenzio cosmico, utilizzato quale sale di ricerca sperimentale nel campo della fisica delle particelle, risente della sua condizione di basica e generica adattabilità. Che prevedeva quale visione preminente, Il solo affrancamento dalla vulnerabilità idrica dovuta alla percolazione delle acque di falda, con la costituzione di un sistema idraulico di drenaggio e adduzione, coordinato con condutture di allontanamento verso le direttive dei due contrapposti versanti geografici.

Non può essere opinata la inevitabile e non evitata obsolescenza di tale sistema, anche in considerazione della naturale ubiqua dispersione, delle acque nei sistemi carsici, potenzialmente soggette a varie probabili interferenze (non sottovalutabili i movimenti tettonici che modificano gli strati geologici).

Da queste concause deriva il nocumento emerso più volte alle cronache ambientali.

Per una risolutiva opera di bonifica, occorrerebbe predisporre puntuali sondaggi topologici, al fine di constatarne l’oggettivo grado di senescenza e vulnerabilità idraulica, al fine di ripristinarne l’integrità funzionale, alla luce delle attuali e future esigenze di sicurezza.

Con arresti settoriali per condurre le ricognizioni e i lavori idraulici di isolamento e adduzione, alla luce delle tecniche che la qualità dell’arte mette a disposizione.

Creando punti strategici di controllo in tempo reale, con monitoraggio dei parametri di compatibilità chimico-fisica e biologica delle acque, ed efficaci sistemi analitici di controllo e feed-back; all’occorrenza, una possibile compartimentazione stagnea degli ambienti e acque e la possibilità di depurazione, prima della immissione nel sistema idrico, in caso di inquinamento.

La grande sfida per gli anni a venire è quella della gestione dell’oro bianco: l’acqua sarà sempre più preziosa.

Per cui si impone sempre più riguardo, rispetto i suoi cicli naturali e una sua oculata gestione, nonché atti di stabilizzazione, forse preferibilmente regressione delle dinamiche che spronano l’irreversibile galoppo entropico verso l’effetto serra.

Ho usato il termine preferibilmente, perché da ricerche anch’esse degne di considerazione, sembra che l’aumento di CO2 stimola l’aumento della massa vegetale, quando, in forma non degenere non contrastata dalle attività umane; che contribuisce alla riduzione di utilizzo di acqua, con varie strategie deterministiche.

Occorrono strategie sane di salvaguardia degli ecosistemi e ancor
a molto studio per indagare alcuni meccanismi fini.














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