Il 5 maggio di Napoleone Bonaparte - Bicentenario della sua morte
Post di Ivana Fiordigigli
Il 23 gennaio 2021 su questo sito abbiamo dato la notizia del Bicentenario della morte di Napoleone, con un breve scritto che presenta questa straordinaria figura. Oggi 5 maggio 2021 riportiamo il testo di una ode che tutti gli studenti hanno studiato sui banchi di scuola e spesso hanno anche dovuto imparare a memoria e ripetere al professore.
Manzoni scrisse l'ode il cinque maggio fra il 17 e il 20 luglio 1821, alla notizia della morte di Napoleone, avvenuta il 5 maggio nell'isola di Sant'Elena dove l'imperatore era da 6 anni in esilio.
L'ode tramuta la vicenda terrena in un disegno divino, la sfera religiosa è infatti centrale nel componimento.
Foto: Napoleone raffigurato da Jacques-Louis David in un'opera conservata al Louvre
https://vocetempo.it/
Dice Stefano Passeggio:
“La notizia della morte di Napoleone, avvenuta il 5 maggio 1821, giunse a Milano solo alla metà di luglio. I biografi narrano che Alessandro Manzoni interruppe bruscamente le sue attività e si buttò a scrivere la sua famosa Cinque maggio, dedicata a quell’avvenimento e all’uomo che aveva cambiato l’Europa. Ci vollero alcuni giorni per completarla, ma fu un grande successo. Molte generazioni italiane hanno imparato a memoria alcuni suoi versi, che fanno ormai parte della nostra cultura: “Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro…”, “Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno…”, “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza” …
Allora la fama di Napoleone, nonostante il tentativo di eclissarla, era ancora molto ampia. Per cancellare la sua memoria non era servito relegarlo nella lontanissima isola atlantica di Sant’Elena, dove poi morì. La sua figura esercitava ancora un grande fascino, nonostante le derive autoritarie che il suo impero aveva preso, dopo le speranze che aveva suscitato la Rivoluzione Francese del 1789 (e gli eccessi che, purtroppo, ne erano seguiti). La statura (virtuale) del personaggio favorì la diffusione della poesia.”
ALESSANDRO MANZONI, Il Cinque Maggio, 1821.
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
nè sa quando una simile
orma di piè mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sonito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto raggio:
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio:
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.
Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de' manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò: ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e l'avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desidéri avanza,
dov'è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! Benefica
fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
chè più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.
Il 23 gennaio 2021 su questo sito abbiamo dato la notizia del Bicentenario della morte di Napoleone, con un breve scritto che presenta questa straordinaria figura. Oggi 5 maggio 2021 riportiamo il testo di una ode che tutti gli studenti hanno studiato sui banchi di scuola e spesso hanno anche dovuto imparare a memoria e ripetere al professore.
Manzoni scrisse l'ode il cinque maggio fra il 17 e il 20 luglio 1821, alla notizia della morte di Napoleone, avvenuta il 5 maggio nell'isola di Sant'Elena dove l'imperatore era da 6 anni in esilio.
L'ode tramuta la vicenda terrena in un disegno divino, la sfera religiosa è infatti centrale nel componimento.
Foto: Napoleone raffigurato da Jacques-Louis David in un'opera conservata al Louvre
https://vocetempo.it/
Dice Stefano Passeggio:
“La notizia della morte di Napoleone, avvenuta il 5 maggio 1821, giunse a Milano solo alla metà di luglio. I biografi narrano che Alessandro Manzoni interruppe bruscamente le sue attività e si buttò a scrivere la sua famosa Cinque maggio, dedicata a quell’avvenimento e all’uomo che aveva cambiato l’Europa. Ci vollero alcuni giorni per completarla, ma fu un grande successo. Molte generazioni italiane hanno imparato a memoria alcuni suoi versi, che fanno ormai parte della nostra cultura: “Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro…”, “Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno…”, “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza” …
Allora la fama di Napoleone, nonostante il tentativo di eclissarla, era ancora molto ampia. Per cancellare la sua memoria non era servito relegarlo nella lontanissima isola atlantica di Sant’Elena, dove poi morì. La sua figura esercitava ancora un grande fascino, nonostante le derive autoritarie che il suo impero aveva preso, dopo le speranze che aveva suscitato la Rivoluzione Francese del 1789 (e gli eccessi che, purtroppo, ne erano seguiti). La statura (virtuale) del personaggio favorì la diffusione della poesia.”
ALESSANDRO MANZONI, Il Cinque Maggio, 1821.
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
nè sa quando una simile
orma di piè mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sonito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto raggio:
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio:
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.
Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de' manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò: ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e l'avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desidéri avanza,
dov'è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! Benefica
fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
chè più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.
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