Giochi di una volta ad Assergi: I CIUFELITTE (lab. Memorie)

 

I ciufelitte (I fischietti)
Postato da Ivana Fiordigigli ed elaborato sul racconto di Gino Faccia.



Tutti a fare “ciufelitte”!

Questi piccoli e delicati strumenti musicali grezzi hanno un loro fascino agreste e un sapore di legno. Si possono fare in primavera, tra aprile e maggio, perché solo in questo periodo i rametti, che sono la materia prima, sono teneri e lavorabili.

Il fischietto ha, però, un meccanismo delicato e funziona in genere una sola giornata, perché, disseccandosi, non suona più.

Come si può costruire “nu ciufulitte”?

Intanto occorre trovare la materia prima.

Una pianta di “salix viminalis”, “na savecia”, pianta rustica che predilige terreni freschi argillosi, cresce lungo i corsi d’acqua e si pota tutti gli anni per ricavarne rami lunghi e flessibili utili in campagna, una volta messi in acqua per ammorbidirli, per legare fascine o altro.




In alternativa una pianta di noce.





Occorre scegliere un rametto bello e liscio, senza nodi, per ricavarne una bacchetta lunga circa centimetri 16 e dello spessore di n. 1 cm. o un poco di più.





Con un coltello si fanno due “ntacche che permettono di ricavare e togliere un pezzetto e fare un piccolo buco nella corteccia a circa due cm. dalla imboccatura del fischietto.




Ad almeno 15 cm. si toglie un po' di scorza, poi si batte, torno, torno, quando lo giri esce l’anima, che, scorrendo, deve arrivare due cm. prima della “ntacchetta” fatta.

Un pezzetto dell’”anima”, lungo circa 2 cm. va rimesso sopra la “ntacchetta”, dopo aver tolto una piccola strisciolina del midollo, facendo uno spiano e lisciandolo bene, perché costituisce il canaletto dove deve passare l’aria.

Con il ramo di noce si procede alla stessa maniera.




Ne deriva un fischio di una certa sonorità e intensità; peccato che duri una sola giornata!

Un fischietto ancora più fragile, ma più rapido da farsi, anche se il suono è più debole si può fare con dell’erba facile da trovarsi lungo i bordi delle strade.

Si tratta dello stelo che regge il bel fiore giallo del tarassaco e che all’interno è vuoto e forma una sorta di canaletto.





Stessa cosa per l’alto stelo che sorregge la spiga della gramigna.



Se ne taglia un tratto di una diecina di centimetri, si “ciancica” dalla parte superiore, per stringerlo, poi si soffia al suo interno ricavandone un  fischio.

Piace sintetizzare tutta l'atmosfera della primavera attraverso la bella poesia in dialetto di Angelo Acitelli, che nei suoi versi fa rivivere, quasi con delle istantanee, la campagna assergese di un tempo, percorsa e destata dal fischio dei ciufelitti.


I ciufelitti


E’ musica pe’ le récchie

da quanne esiste u monne,

u ciufelitte è vécchie…

me j’à ‘mparate nònne”


Quanne s’addurcisce

l’aria de la sera

e la viòla dice…:

ha jonta primavera,


da ‘nu ramitte

de ‘na nocia

o da ‘nu fruste

de ‘na sàvecia,


co’ jji curtijjucci,

se fanne i ciufelìtti,

pe’ fischiacci

còme jji cellitti;


e j’attécchia, pe’ le prata,

na mamma co’ la fijja,

che, tra la forma e ‘na paràta,

recojjene le fòjja;


e ju sènte j’acquarole

che, sénza fa’ remore,

borbòtta ddu’ paròle

d’arrète a ‘nu stortore;


dùrane ‘na jornàta

sti commattarejji…

se séccane co’ na nottàta,

mannàggia a jji ciuféjji!





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