Poi arrivò la televisione... (lab. memorie)




 di Franco Dino Lalli (foto da internet)

Chissà come e chissà da dove anche da noi giunse la televisione. Catturò il nostro interesse e il nostro entusiasmo con le sue immagini, i suoi suoni, le sue illusioni.

Non tutti si potevano permettere l’acquisto di un televisore in casa, pertanto inizialmente fummo costretti a elemosinare la visione ai possessori che benevolmente ci ospitavano in casa. Spesso aspettavamo con ansia, vicino all’uscio delle case del vicinato, anche sotto la pioggia grondante, che si affacciasse qualcuno a invitarci e così insieme potevamo fruire quello spettacolo così affascinante. Eravamo completamente inesperti di ogni tecnologia che non faceva parte del nostro mondo, ma l’entusiasmo nel vedere e sentire ad esempio lo Zecchino d’oro e immedesimarci nei piccoli cantori e nella loro bravura ci portò a sperimentare l’interattività con il mezzo affascinante. Ci avvicinavamo agli amplificatori laterali del televisore e attraverso di essi gridavamo i nostri commenti e i nostri giudizi come se dall'altra parte ci avessero potuto ascoltare.

Poche volte andavamo anche ad elemosinare la visione presso la sede di un partito politico che aveva la sua sede in una casa lungo via della chiesa, ma lì la nostra presenza era del tutto marginale nei confronti di problemi e di temi più grandi di noi.

Poi il parroco attrezzò la sala parrocchiale, l’attuale sala S. Franco, con un televisore e ci dette la possibilità di andare a usufruire della visione e lì, schiere di bambini e ragazzi seguivano comiche, cartoni animati, sceneggiati ecc. Commentavamo e vivevamo ogni cosa con tutto il nostro entusiasmo e con tutto il baccano possibile. Prospiciente la sala, presso l’ingresso laterale della chiesa, inoltre c’era uno spazio delimitato che ci era funzionale per il gioco dei quattro cantoni. Lì aspettavamo prima che la sala fosse aperta per quello spettacolo meraviglioso e ipnotico. Nei nostri giochi provammo anche a interpretare i miti della televisione legati al nostro mondo infantile. 

Non avremmo mai immaginato che avesse potuto avere un potere così devastante per il futuro. Oggi ci sentiamo forse traditi da quello strumento perché ci ha tolto la capacità di sperimentare attraverso il gioco vissuto personalmente e collettivamente e ci ha costretti a cedere alle lusinghe dell’immagine più che a quelle della realtà.



Pertanto il recupero della memoria, la conoscenza e il possibile riutilizzo dei giochi tradizionali potrebbe rappresentare la riscoperta della propria storia, del senso di appartenenza attraverso il recupero dell’inventiva, della curiosità, della manualità e dell’ingegno.

Oggi i giochi non sono più prodotti dell’estro individuale e collettivo di chi li inventa e costruisce, ma dalle industrie e la Tv e il computer hanno annullato la creatività dei ragazzi, vanificando i contenuti educativi del gioco: il movimento, la comunicazione, la fantasia, l’avventura, la costruzione, la socializzazione. Un tempo con pochi mezzi, arrangiandosi con quello che si aveva a disposizione, si sconfiggeva la noia, oggi purtroppo ciò non avviene più e non si gioca più nelle strade o all’aperto insieme e i giochi tradizionali continuano a vivere solo nella memoria dei più anziani.

Infine mi piace riportare la frase finale che Antoine de Saint-Exupery, nel suo Il piccolo principe, ha scritto nella dedica al suo amico Leone Werth:


Tutti i grandi sono stati bambini una volta

(ma pochi di essi se ne ricordano)



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