I Giochi di Una Volta (laboratorio delle memorie)

 

LABORATORIO DLLE MEMORIE




Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di sé.
(Pablo Neruda)




Secondo alcuni l’essere umano, giocando, ubbidisce a un gusto innato d’imitazione. Oppure soddisfa a un bisogno di rilassamento. O fa un esercizio preparatorio alla grave operosità che la vita esigerà da lui. O ancora il gioco gli serve da allenamento per l’autocontrollo. Altri ancora ne cercano il principio in un connaturato bisogno di causare o di essere capace di qualche cosa, o nell’ansia di dominare, o in quella di concorrere. Altri ancora considerano il gioco come un’innocua evacuazione di istinti nocivi, o come un necessario complemento di un’attività troppo unilaterale, o come l’appagamento, con una finzione, di desideri in realtà inappagabili e, in quanto tale, capace di conservare il senso della personalità. Si potrebbe assai bene accettare tutte le suesposte spiegazioni una accanto all’altra, senza con ciò incorrere in un’imbarazzante confusione d’idee. Ne consegue che tutte sono spiegazioni soltanto parziali.

(Johan Huizinga, storico e linguista olandese).



Il gioco è sempre stata l’espressione più spontanea, creativa, ma soprattutto più naturale e sincera, dell’uomo che, per mezzo di esso, è stato capace di adattamento alle regole e al contesto sociale di appartenenza.

Quel mondo ormai lontano, nel tempo e nello spazio, relegato soltanto ai ricordi che inesorabilmente con gli anni sbiadiscono, era così il terreno fertile delle nostre conoscenze e delle nostre esperienze. I giochi di un tempo lontano esprimevano e sviluppavano la creatività, l’inventiva, la manualità, nonché il piacere dell’appartenenza ad un gruppo e della possibilità del superamento delle difficoltà con la convivialità e la socialità.

I giochi erano il patrimonio d’insegnamenti appresi da adulti ed erano rivissuti e sviluppati dalle contingenze oggettive ma soprattutto dalla creatività di ognuno.

Il divertimento si agiva soprattutto con la manualità nel creare giocattoli con l’uso di materiali poveri, di recupero e tutto era legato soprattutto al vivere il gioco nella natura e nelle sue espressioni: le stagioni, i momenti principali dell’anno e della giornata, il tempo disponibile e le situazioni che volta a volta si creavano nel gruppo di coetanei. Il confronto tra tutti componenti del gruppo permetteva la crescita e la scoperta, lo sviluppo della propria identità e del ruolo nella società costituita.



I giochi erano vissuti prevalentemente in strada nel proprio territorio: la piazzetta, il vicolo, gli spazi minimi a disposizione. Ogni vicinato aveva i suoi punti strategici, i suoi membri deputati e talvolta scoppiava qualche rivalità con gli appartenenti ad altri vicinati. Gli spazi erano vissuti assiduamente e non c’era angolo, piazzetta, pianerottolo che non era funzionale alla nostra inventiva e accoglieva le grida, le dispute e le discussioni di noi ragazzi. Appena sentivamo dalle nostre case la voce in strada di qualche compagno subito ci precipitavamo per incontrarci.

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