I sei paesi protagonisti del gemellaggio per l'Ottocentenario
di Ivana Fiordigigli
I paesi che possiamo definire “di San Franco” sono tanti e sono praticamente tutti quelli in cui si è esercitato nel corso dei secoli il suo culto nelle forme più varie: pellegrinaggi alla chiesa di Assergi e al suo sepolcro, partecipazione alla processione per la sua festa, preghiere, escursioni all’Acqua di San Franco o alle sue grotte; tanti detti, modi di dire, invocazioni di aiuto e di protezione, intercalari, formule, qualche proverbio, credenze popolari, leggende, la canzone popolare di San Franco e antichi depliant che ne hanno tramandato il testo, ritipropiziatori o di amicizia, ecc…, ci sono stati tramandati dalla tradizione orale trasmessa di generazione in generazione e testimoniano quanto sia stato sentito e capillarmente diffuso il suo culto nell’ampio territorio che si dirama dai due versanti del Gran Sasso: quello aquilano sino ad Avezzano e la Marsica; quello teramano sino ad arrivare a tutta la costa e giù sino a Pescara; sarebbe da indagare il culto che si è diffuso lungo le rotte della transumanza sino ad arrivare alla Puglia ed all’Agro Romano.
Quando si è trattato di organizzare per il 5 giugno 2020 il gemellaggio tra i Paesi di San Franco, considerando che si trattava di formalizzare una serie di incontri, rapporti, accordi, si è dovuto effettuare una cernita ed una scelta si è deciso di seguire un criterio ben preciso: paesi toccati dalla vita di San Franco e scelti in base a un tangibile ed attuale segno di testimonianza.
Sono stati così individuati, oltre ad Assergi che è il luogo accertato e documentato di almeno 15 anni della sua vita e della sua morte nella spelonca di Pizzo Cefalone e della sua sepoltura nella antica Cripta della chiesa di Assergi:
Roio, il luogo della sua nascita, dell’infanzia e adolescenza sino alla sua decisione di entrare in convento;
Lucoli, che lo vede entrare nell’abbazia di San Giovanni Battista di Collimento, essere accolto come monaco, compiere i suoi studi religiosi ed esercitare l’amore e carità verso il prossimo, come ci fanno capire gli Atti, tanto è vero che quando muore il vecchio Abate Luculano, che lo ha inizialmente accolto, i confratelli concordi propongono a lui la carica di nuovo Abate. Qui l’imprevisto, il rifiuto della carica e la decisione di restare come semplice monaco. Forse sta già meditando altre e più decise e radicali scelte, qualcosa è scattato in lui e non gli permette di accettare il convento. Dopo altri dieci anni, infatti, chiesto il permesso all’Abate e ai confratelli, una certa notte esce dal convento e si immerge per i sentieri dei baschi di Lucoli. Porta con sé il Breviario, nove pani, un pugno di sale, una catinella, una fiaschetta di acqua e, da allora, vivrà dei frutti e bacche del bosco, del miele e di quanto volta a volta la natura gli offre.
Attraversa in questa maniera, soffermandosi e scegliendo durante il cammino nuove dimore ed attirando, man mano che si diffonde la fama dei suoi miracoli, pellegrini e viandanti che lo cercano e lo raggiungono, i boschi del Lucolano e poi dell’Aquilano,su su verso Pizzoli, Mopolino, Montereale, attuale lago di Campotosto. Lungo la vecchia strada per Teramo, sulla sinistra si incontra la piccola frazione di Ortolano (comune di Campotosto). Qui il nome di San Franco è quanto mai vivo ed attuale, infatti la sua chiesa è dedicata al Santo; è di qualche anno fa la decisione di far realizzare da un artigiano di Teramo un Labaro, dove è raffigurato il Santo sullo sfondo delle case di Ortolano, da portare nella tradizionale e annuale processione della festa della Madonna il .… Qui occorre aprire una parentesi, per segnalare intanto la dispersione degli abitanti di Ortolano dopo il terremoto del 2009 e del 2016 che li ha costretti a lasciare le case, ma ancor di più le lungaggini della burocrazia che ancora non sistemano il tetto della chiesa di San Franco, soggetto ad una serie di infiltrazioni e che rende inagibile l’edificio per cui, anche chi è tornato, non può accedere alla chiesa. Ortolano è il quarto paese individuato per il gemellaggio.
Soffermatosi alle Cafasse, dove avviene il miracolo del boscaiolo …. salvato dalla improvvisa caduta dell’albero che stava abbattendo, si avvia e sceglie come sua dimora, e rimane lì cinque anni della sua vita, l’attuale Monte San Franco, che da lui prende il nome, nella zona dove fa sgorgare una sorgente di acqua, da allora ritenuta miracolosa per la guarigione di chi con essa si asperge e chiede grazia. Il pellegrinaggio alla sorgente è vivo ed attuale ancora oggi. Tale monte è di tradizione territorio di pascolo e di allevamento di Arischia, per cui questo è il quinto paese del gemellaggio.
Oltrepassando il Gran Sasso ed entrando nel territorio teramano abbiamo la piccola frazione di Forca di Valle (Comune di Isola del Gran Sasso),che festeggia il cinque di Giugno San Franco come Patrono. E’ una particolarità che la distingue da gli altri paesi del teramano, tutti molto legati al culto del Santo.
Un gemellaggio non è solo un atto formale o di carte, e nemmeno una iniziativa di un gruppo di élite; occorre operare per una presa di coscienza collettiva e di condivisione da parte dei singoli paesi. Ognuno si deve sentire coinvolto e questo contribuisce a creare un vero spirito di accoglienza essenziale in un gemellaggio; è la collettività tutta che deve diventare accogliente ed aperta, anche se su questo punto occorre lavorare e c’è molto da lavorare. E’ un obiettivo impegnativo in quanto deve porre le basi di una cambiamento radicale nei confronti dell’”altra persona”, del rispetto e cura del territorio locale e dell’ambiente. pietra all’Ottocentenario.
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