Appunti per una storia dell'Edicola all'"Acqua di San Franco" -N° 1
In fondo è una breve storia quella dell’Edicola oggi presente all’Acqua di San Franco. Di fronte agli ottocento anni trascorsi dalla morte del Santo centosessantaquattro anni dalla costruzione della piccola e montana edicola sono pochi.
Questo vuol dire che, per secoli, devoti e pellegrini che risalivano il sentiero lungo il monte San Franco andavano a visitare e a pregare in un luogo di montagna, oggi privo di vegetazione arborea, segnato solo dalla presenza di una sorgente di freschissima acqua ritenuta miracolosa e in essa si immergevano o facevano le loro abluzioni.
Nella traduzione degli Atti fatta nel 1640 dal patrizio aquilano Nardo De Nardis e riportata dal Tomei nella sua Dissertazione troviamo la seguente descrizione del luogo con il titolo “Bellissima Fontana segnalata da Santo Franco”:
Indi a non molto tempo (dal miracolo del legnaiolo del Castello Cafasse per nome Guglielmo, che stava tagliando un enorme albero e viene salvato dalla caduta improvvisa dello stesso) in luoghi più eminenti sopra il Guasto, si ritrovò un luogo remoto, e più a proposito, però non vi era acqua, sicché il Santo facendo oratione a Dio, fu sì accetta e grata, che subbito vi cominciò a scaturir una fonte di saporita e christallina acqua; e quel liquore fu di tal virtù dotato per intercessione del Santo, che non solo in quei tempi, ma anco poi gran moltitudine di persone con quello lavandosi furono e sono anco al presente da varie e diverse infermità sanate.
Ivi quest’huomo sì eccellente per cinque anni sotto una grotta coperta di frondi in santi esercitii, e mortificazioni santamente e devotamente visse. E perché molta gente contra sua voglia lo visitavano, avvisato per divina rivelatione, con gran prestezza s’appartò verso l’Alpi Savinesi, cioè sopra il monte d’Assergie…
E’
vero Nardo De Nardis fa una traduzione degli Atti e, quindi, riporta
e racconta la situazione ai tempi di San Franco, ma se ci fosse stato
qualche segno nel 1640 del Santo nel luogo considerato sacro, ce lo
avrebbe menzionato.
Questo vuol dire che, per secoli, devoti e pellegrini che risalivano il sentiero lungo il monte San Franco andavano a visitare e a pregare in un luogo di montagna, oggi privo di vegetazione arborea, segnato solo dalla presenza di una sorgente di freschissima acqua ritenuta miracolosa e in essa si immergevano o facevano le loro abluzioni.
Nel 1747 – Più o meno un secolo dopo, il Vescovo dell’Aquila Giuseppe Coppola sale all’Acqua di S. Franco e deve averla trovata allo stato naturale e priva di qualsiasi segnalazione o struttura, a parte la sorgente, se esorta a porre presso di essa una immagine del Santo.
Nel 1782 un pellegrino lascia il denaro per scolpire una statua per l’”Acqua di San Franco”, ma al Tomei non risulta essere stata realizzata.
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